Ma tutta la rocca è un gioiello prezioso che vale la pena di visitare: vi è anche la prima Camera Ottica in funzione in Italia, che con un sistema di lenti e specchi, con la giusta luce, riflette la piazza di fronte. La rocca fa parte di una rete, quella dei Castelli del Ducato, che ho promesso di impegnarmi a visitare, fatta di tante realtà tra fortezze e manieri di certo spettacolari, nel nord Italia, e in un territorio che va dall’Appennino tosco-emiliano al grande fiume Po.
La storia di Diana e Atteone, tratta dalle “Metamorfosi” di Ovidio, ha ispirato la piccola saletta meravigliosamente affrescata dal Parmigianino, una stanza che nel percorso del castello, a un certo punto, ti sorprende aprendosi attraverso una piccola porta, come fosse un miracolo, e tu, con lo sguardo all’insù, resti senza fiato. Quello che colpisce a prima vista è una pittura scarna ma al tempo stesso voluttuosa, potrebbe, penso, essere stata dipinta adesso: la storia è narrata attraverso un fregio, non troppo classico, come fosse una serie di frames congelati di un film, anche se a forma di lunetta. La natura nella quale si muovono i personaggi è appena scandita ma generosa, la descrizione delle figure, come dei cani, è potente e vibrante, e misteriosa. Più in alto sulla volta e con dei putti sullo sfondo è dipinto un pergolato, con al centro uno squarcio di cielo, e poi uno specchio che reca il monito “respice finem”.
Forse per la giovane età dell’artista, che aveva solo vent’anni, o forse perché lavorò a lume di candela (non era stata ancora aperta nessuna finestra nella sala), forse per lo spazio ristretto, in questo piccolo luogo par di sognare, e lo sguardo non riesce a fermarsi, incollato a quei corpi, così veri e al contempo fatti della sostanza del mito. Un vero incanto.