Vita d'artista


I puri

Dopo la nostra chiacchierata interessante all’inaugurazione della mia mostra Oltremare, il signor Maimeri qualche giorno fa si è presentato in studio, portando la sua storia e la sua visione con sé. Vedere persone tanto appassionate mi fa ricredere sul presente, e mi dà la forza per affrontare i tempi bui. Come ogni buon commerciante di colori ha portato con sé la sua palette, fatta a mano di fatto, e montata sul classico pieghevole in cartone rigido. 

Come ha tenuto a farmi notare, questi campionari sono preziosissimi, perché ognuna delle tessere è dipinta a mano e poi montata sulla sua casella. In effetti odorava ancora di trementina. Prima però di mostrarmela, mi ha raccontato del nonno Giovanni Maimeri, da cui ha preso il nome, ottimo pittore sulla linea “verista” di Emilio Gola, presente peraltro nella collezione della Fondazione Cariplo a Milano. Una pittura lombarda di grande qualità, a mio parere poco apprezzata.

Mi racconta la storia dei due fratelli, il nonno che non trova mai colori abbastanza buoni e il fratello chimico, che lavora nell’azienda farmaceutica Carlo Erba, che un bel giorno si associano per fondare la Fratelli Maimeri, negli anni Venti, una piccola azienda produttrice di colori. All’epoca tutte le aziende di colori erano artigianali, fino metà dell’800 infatti gli artisti si facevano i colori da soli. L’azienda nel tempo cresce ma ha una sua filosofia: l’intento oltre tenere alta la qualità del prodotto è preciso, l’impostazione che sceglie è quella della resistenza del colore alla luce. Tutti i colori tendono a virare stando a contatto con la luce, a opacizzarsi, in particolare il bianco ingiallisce. Mi racconta Gianni che a un certo punto si deve scegliere cosa privilegiare producendo dei colori, se la tonalità molto brillante o la resistenza nel tempo, e a me viene in mente la favola della cicala e della formica.

E poi comincia a parlare dei “Puri” e io rimango totalmente affascinata: mi racconta del nonno ormai anziano che si impunta a creare dei colori la cui concentrazione è dieci volte superiore agli altri e mi inizia a spiegare la loro composizione proprio a partire dalla palette, mostrandomi alcuni colori, come il turchese, che allo stato puro è quasi nero. Mi racconta che il marketing dell’azienda era contrario,  perché i colori essendo puri sarebbero stati di meno come numero, e che in un negozio di colori questo significa cedere spazio alla concorrenza. E la pervicacia del nonno di portare avanti un prodotto qualitativamente eccellente a dispetto di tutto. Sono rimasta sopraffatta, ammetto, dalla bellezza di quella conversazione e ancor di più quando ha tirato fuori dalla tasca i tre blu che io uso nei miei paesaggi, a colpo sicuro. Quando gli ho chiesto come aveva fatto a capire che sono i miei preferiti lui mi ha risposto : “Ho guardato”.

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Emanuel Gazzoni (Roma): preparatore di risotti, amico di Socrate e Dostoevskij, affascinato dalle storie di sport
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite

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ottobre 2023