A me è successo questa estate, nei cicli estivi di Palazzo Reale a Milano dedicati ad artisti del luogo o che hanno avuto intensi contatti con la città. Sono entrata in una calda e afosissima giornata d’agosto nell’Appartamento dei Principi di Palazzo Reale, dove oltre la frescura vi era un’antologica di Ruggero Savinio, figlio di Alberto e nipote di Giorgio De Chirico.
Ho sempre pensato di lui che fosse un pittore un po’ démodé, ma la particolarità dell’allestimento che si articolava nelle stanze riccamente decorate dell’appartamento neoclassico, mi ha subito incuriosito. Invece di sminuirne l’opera, quei velluti e quelle specchiere e l’ambiente carico, accrescevano la bellezza dei quadri esposti e ne davano un aspetto potente e classico al tempo stesso. Ma soprattutto mi convinceva il carattere di quella pittura sperimentale e al contempo “retinica” , una ricerca che di sala in sala mi accompagnava in un mondo pittorico di totale e dirompente autonomia stilistica. Una pittura fatta a piccoli tocchi, che lo stesso Savinio ha definito “peripezia luminosa” con la quale ha delineato il suo procedere imperturbabile, lontano dalle mode e dai consumi dell’arte contemporanea.
Come amo fare quando una mostra mi piace davvero, la ripercorro a ritroso, a conferma delle mie emozioni. Arrivo al bookshop, compro il catalogo e mi metto a leggere subito l’introduzione firmata da Ruggero Savinio stesso che, pur venerando, ha ancora forza e poetica ben chiare. Rimango incantata del tutto. Scopro che, come il padre, è anche un ottimo scrittore e ordino su Amazon tutto quel che c’è di suo. Vi segnalo, perché è eccezionale, Il segno della pittura edito da Neri Pozza, un testo dedicato ad amici pittori e maestri del passato. Sono dei brevi capitoli, ma di grande respiro, sugli artisti da lui amati e indagati con analisi e precisione, ma al tempo stesso con intensa passione. Una visione della storia dell’arte dal di dentro, non scientifica ma vitale, come la sua pittura. Devo ringraziare lui se son tornata a scrivere.