Vita d'artista


Un virus intelligente

Rimasi a bocca aperta la prima volta che varcai la soglia del British Museum a Londra: al posto della cassa per fare i biglietti all’ingresso vi erano, disposte sui due lati, delle grandi teche in plexiglass trasparenti, con un po’di soldi dentro. Mi resi conto in quell’istante che...

... in quel Paese entrare in museo era gratuito. Quelle teche erano lì per le donazioni libere e ognuno metteva ciò che poteva, un penny, una sterlina o cento. Ne fui entusiasta. Potevo entrare e uscire, e ritornare e riuscire, mille e mille volte. Insomma, non è mica una cosa da poco… La cultura a disposizione di tutti, per chi ha i mezzi e per chi non li ha. Vidi che così accadeva dappertutto, dalla National Portrait Gallery, alla Serpentine Gallery in mezzo ad Hide Park, il tempio della ricerca più avanzata ma anche alla Tate Modern, solo per la collezione permanente però, mentre le mostre temporanee erano a pagamento. Io che sin da studente sono sempre andata per musei ovunque, pur tirando fuori tessere varie che mai vanno bene, se ti tolgono un paio di euro è già tanto… Per me è Londra è il Bengodi.

Non so quale raffinata strategia utilizzino gli inglesi per tenere in piedi i musei senza il biglietto, forse laute donazioni private: di certo dimostrano di tenere in grande considerazione la cultura e la democrazia. I musei sono del popolo, anche del più umile dei cittadini. Se penso che per più di un anno in Italia i musei sono stati chiusi ( i primi a chiudere e gli ultimi ad aprire) e conoscendo quanto poco vengono frequentati dagli italiani, mi son fatta delle domande. Sono luoghi molto spaziosi in cui ci si muove in continuazione: la fruizione delle opere è intima, il distanziamento dagli altri, piuttosto naturale. Oltretutto è molto facile contare il numero delle persone all’interno.

Ancora non capisco come mai dopo averli finalmente aperti, li abbiano di nuovo imbalsamati col Green pass: ho fatto un indagine tra cari amici chiedendo come mai i musei sì e i trasporti pubblici no, dato che sul fronte della lotta alla pandemia non vi è logica (non vi auguro di metter piede nella metro a Milano alle otto di mattina) la risposta più simpatica è arrivata da un amico regista teatrale, Adrian Schvarzstein: “Pensiamo … se tu fossi un virus, te ne andresti in un luogo affollato in gallerie buie, rumorose e piene di gente che guarda il cellulare … o preferiresti un bel luogo dove ammirare un Caravaggio o un Chagall o un vaso etrusco sapientemente illuminato, dove impera la Bellezza e la Sapienza? Ecco, perché il Covid è un virus intelligente… che sceglie con cura dove attaccare”.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro