... prendano decisioni definitive e radicali per il cambiamento climatico, e vorrebbe parlarne con la Consigliera per l’Ambiente Simonetta Sommaruga. I giornalisti l’hanno definito “l’uomo in rosso”, in realtà lui di rosso ha solo il giubbotto, i pantaloni sono arancione. E’ lì, dice, in nome e per conto dei suoi figli, per risparmiare loro l’inferno descritto dal Rapporto IPCC dell’agosto scorso.
E’ dal 1988 che leggo questo rapporto, bollinato ONU, il taglio è sempre lo stesso: catastrofista (se nulla si farà entro i dieci anni successivi, succederanno eventi drammatici, come il seccarsi del fiume Gange, etc. etc.). Al di là delle scivolate del IPCC, per quieto vivere bisogna forse fingere di crederci, almeno in parte? Delle due l’una: se i dati del IPCC e del 99% degli scienziati sono esatti, carbone, petrolio e gas devono essere eliminati, però subito, e da tutti i Paesi, costi quel che costi. Una transizione condotta così, senza fissare una data tassativa e a breve, di “fine transizione”, è puro marketing comunicazionale. Ha ragione Greta: solo bla bla bla.
Infatti molti giovani, meno cinici dei loro padri e nonni, ci credono, al punto che la celebre rivista Lancet ha condotto un’indagine su diecimila giovani di dieci Paesi e il 60% di questi è “molto o moltissimo” preoccupato per i cambiamenti climatici. Peggio, oltre il 50% è convinto che il mondo sia condannato all’estinzione, e che per l’umanità non ci siano più speranze. Un nuovo movimento “No Vita sulla Terra”?
Il dramma è che questi giovani hanno o stanno sviluppando disturbi d’ansia e pure, dicono gli esperti, problemi mentali. Lo ha evidenziato “Le Temps” : sostiene che dopo ogni Rapporto IPCC molti giovani si rivolgano a psicologi e psicoterapeuti, denunciando eco-ansia (malattia nuovissima) che si estrinseca in impotenza, irritazione, tristezza profonda. Gli “scienziati della psiche”, al solito, sono spaccati fra quelli che sostengono che si tratti di ansia preesistente, cristallizzatasi intorno a un fenomeno che può essere il cambiamento climatico, oppure qualsiasi altro, e quelli invece che negano ogni collegamento.
Si legga, caro Guillermo, la storia della firma del documento finale di Glasgow, sottoscritto il 13 novembre da 197 Paesi. L’intesa l’hanno raggiunta all’ultimo minuto dell’ultimo giorno, quando 196 Paesi hanno accettato l’ultimatum-ricatto dell’India di sostituire il termine phase out (uscita dal carbone) con il più generico phase down (diminuzione).
Si rende conto che i destini del mondo sono nelle mani di individui di tal fatta, che campano giochicchiando con le parole? Conosce il commento della stessa Simonetta Sommaruga, che è stata comunque uno dei politici più seri presenti a Glasgow? “Negoziati poco trasparenti, intesa tutt’altro che esaltante”. E così tutti gli altri Paesi. Si dichiarano tutti fedeli alla stessa impronta carbonico-psicologica, hanno sì firmato, però dissociandosi dalla loro firma, subito dopo averla apposta. Chissà perché sono così terrorizzati dall’anticipare ai cittadini le conseguenze: i numeri delle perdite di posti di lavoro, delle cadute sia del PIL, sia dell’attuale stile di vita, se danno il via, seriamente e da subito come dovrebbero, all’accoppiata transizione ecologica-rivoluzione digitale, come chiedono gli scienziati?
Un suggerimento personale: anziché andare in Piazza Federale, rimanga a casa sua, quatto quatto si sfili dai quindici minuti di celebrità che ha avuto. Torni umano, e si goda la sua famiglia. Al tempo del CEO capitalism si può vivere felici solo in famiglia, con pochi selezionati amici e tanti libri del passato. Il “bla bla bla” del Potere, la fuffa pseudo colta dei maggiordomi dei potenti, il web, la tv, gli algoritmi, il metaverso, la dittatura monopolista di Amazon, li lasci tutti fuori dalla porta.
Siamo sulla Terra per essere liberi e felici, sempre però rispettando il prossimo, non per soffrire di eco-ansia procurataci da élite imbarazzanti persino nelle loro indecisioni. Prosit!