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Sciami di Robot

Su questa rubrica abbiamo già visto che i robot non sono particolarmente intelligenti, da poco passati dal livello del ranocchio a quello della marmotta in termine di numero di neuroni e loro sinapsi, ed ultimamente iniziano a sviluppare capacità sociali. Cominciano a capire cosa sta facendo il vicino, che sia uomo o robot, e regolarsi di conseguenza. Non serve essere molto intelligenti per avere una capacità sociale, infatti formiche ed api, con pochissimi neuroni, riescono in imprese...

... molto complesse. Si costruiscono nidi funzionali, migrano, organizzano attacchi e difese da predatori o sciami nemici dimostrando intelligenza di alto livello.

Se l’ape singola non è particolarmente intelligente, come fa uno sciame ad esserlo? È nel 1989 che Gerardo Beni e Jim Wong, dell’Università della California, sviluppano questo concetto basato sulla libertà di manovra della singola ape, e sul fatto che ha obiettivi comune ai compagni. Con swarm robotics (sciame di robot) intendiamo la metafora da cui è partita la progettazione di software dedicati a gestire tanti robot come se fossero api, con la stessa logica di sciame.

In altri termini, il fatto che tante api condividano necessità di alimentazione, protezione e riproduzione, porta allo sviluppo di comportamenti sociali che da sole non penserebbero (proprio perché incapaci di pensare). Oggi parliamo di Artificial Swarm Intelligence (intelligenza artificiale da sciame) per quelle applicazioni che riescono ad ottimizzare tanto la logistica di magazzino, quanto le scommesse a Las Vegas, quando le diagnosi mediche. In altri termini, mettendo a fattor comune l’intelligenza di persone o macchine, siano essi magazzinieri, appassionati sportivi che vogliono scommettere sulla squadra preferita, o medici radiologi impegnati in diagnosi complesse (qui) l’intelligenza di sciamo consente risultati migliori di quanto otterrebbero da soli.

Quando entriamo nel cervello e guardiamo la potenza di calcolo e l’efficienza energetica dei nostri 80 miliardi di neuroni, possiamo capire l’importanza di distribuire l’intelligenza, e da li ricavare le metafore che ci fanno intuire nuove direzioni di sviluppo dell’informatica e della robotica. Credo sia veramente bello che, dal corretto uso della metafora, si possano prendere ad ispirazione concetti dalla natura e trasformarli in innovazione tecnologica. Ho già portato l’esempio di Locus Robotics, i cui robottini portano cassette ai magazzinieri, che non devono più camminare chilometri e cercare il prodotto esatto da prendere o depositare, e le applicazioni si moltiplicano. L’innovazione è proprio l’artificial swarm intelligence usata, mentre meccanica e struttura del robot sono semplici.

Ovviamente alcuni si preoccupano che come lo sciame di calabroni attacca e distrugge un alveare, così uno sciame di droni militari possa fare stragi sui campi di battaglia e tra le popolazioni attaccate. Come sempre l’innovazione tecnologica viene controllata da chi ha interessi più o meno etici, con risvolti nei casi d’uso che possono risultare più o meno felici. Ma questo è un motivo in più per continuare a curiosare e progredire, come facciamo dall’alba dei tempi. Per chi volesse approfondire, raccomando questo.


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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro