Vita d'artista


L'asintomatico

Ho vissuto fino a prima del Coronavirus in un mondo in cui esistevano delle opinioni piuttosto nette nelle persone, e anche nel linguaggio comune i sinonimi e contrari facevano parte di una solida convenzione generale: ricco o povero, bianco o nero, sano o malato non erano argomento di discussione. Finché ci siano accorti di una nuova entità, l’Asintomatico: colui che appare sano, ma potenzialmente... 

... e inconsapevolmente può propagare contagio, malattia o morte. Questa nuova figura emblematica, che in teoria potrebbe essere tutti noi, è un nemico, è il Doctor Jekyll di Mister Hyde, un perturbante, di cui il consesso sociale chiede conto.

Mi viene in mente il mito di Dioniso, “lo straniero nella città” secondo il Dizionario delle mitologie e delle religioni (Bur, 1989), l’unico dio dell’Olimpo a non avere sede fissa. Una delle sue particolarità è quella di raccogliere infatti in sé tanto l’esigenza di salute individuale quanto le forze protestatarie che sfociano dalle differenze sociali. Dioniso nel mito sottrae gli uomini a se stessi e li rende estranei alla loro condizione strettamente sociale, afferrandoli nella loro interezza, anima e corpo, non tanto per farli fuggire quanto per fargli scoprire che la vita e la morte si intrecciano e si combinano tra loro, che il Sé è necessariamente abitato dall’Altro. Dioniso, figlio prediletto di Zeus, è il luogo di tutte le maggiori contraddizioni che la ragione umana, da sola, è incapace di assumersi, tra identità e alterità, presenza e assenza, immaginario e reale, potenza e fragilità, vita e morte. Egli è l’irruzione dell’irrazionale nel centro delle città, il parossismo stesso della tensione tragica.

Nelle Baccanti di Euripide, quando Dioniso torna a Tebe, il re Penteo lo arresta e da quel momento la città inizia un processo di inesorabile dissoluzione. La pazzia più grande, il profeta Tiresia così definisce l’azione, era stata quella di voler una città perfettamente razionale; di non lasciar spazio all’irrazionale, all’inaspettato, alle forze selvagge che devono necessariamente abitare la città se la si vuole feconda. Dioniso è colui senza il quale non sono possibili il susseguirsi delle generazioni, la rinascita delle messi e di frutti: una città perfettamente governabile e in ordine è in realtà una città già morta. Dioniso è infatti quell’irreprimibile acerbità insita nel cuore della città che mette incessantemente in questione, ma di cui è la vita stessa.


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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro