... consapevolezza che gli permette di non giudicare "buone" solo quelle cose che gli recano piacere, né solo "cattive" quelle che gli procurano sofferenza. Persone egoiste e ciniche, in seguito a tristi eventi - una malattia, la morte di una persona cara - hanno trasformato radicalmente i propri atteggiamenti, diventando amorevoli e generose. Non sono sufficienti e definitivi né i presupposti filosofici, né le risposte teologiche. Le categorie di ciò che è "Bene" e di ciò che è "Male" sono terribilmente imprecise, soggettive e mutevoli. Tuttavia, fin dall’antichità, gli spiriti seri sono rimasti turbati di fronte a tale questione. Il problema del Bene e del Male ha permesso a tanti intellettuali rivoluzionari di definire le religioni come l'oppio dei popoli, un marchio d'infamia che stenta a scomparire anche ai nostri giorni, ma non dobbiamo dimenticarci che pure le rivoluzioni hanno prodotto sistemi politici e sociali regressivi e degenerativi, tali da far dire a Simone Weil: “Non la religione, ma la rivoluzione è oppio del popolo”. L’illuminismo, l'utilitarismo e il positivismo, il mondo del libero mercato, della tecnologia e dello scientismo hanno un concetto accidentale e non strutturale di Bene e di Male. Le guerre, i lager e i gulag, le armi nucleari, lo sconvolgimento del clima e l’inquinamento, le crisi finanziarie che creano povertà e miseria, sono incidenti di percorso, all'interno di una visione del mondo sostanzialmente positiva, anzi, l'unica meritevole di sopravvivere e di imporsi su tutte le altre. La negazione del mistero del Male, l’accantonarlo con fugaci, ingannevoli ebbrezze, non risolve il problema che resta con la sua gravità e il suo assillo. Del Bene e del Male ne abbiamo quotidiana esperienza (violenze, menzogne, tradimenti… – sacrificio, amore, dono…), provengono sia da fuori (cataclismi, persone), sia da dentro (malattie, debolezze, rancori…). Spesso scambiamo, illusoriamente ed emotivamente, il Male come un Bene e viceversa. Dobbiamo ammettere una strana ambiguità nell’essere umano. Siamo un mistero a noi stessi, un inquietante e sconvolgente mistero, che non abbiamo pretesa di comprendere e tanto meno di spiegare, con categorie logiche, teologiche e morali, limitate e imperfette. Il Male è una realtà che siamo portati a sottovalutare, a sminuire, a tacere. Lo coltiviamo dentro di noi con superficialità, senza coglierne il dramma. Per questo, di tanto in tanto, la società genera mostri. “Il diavolo era talmente stanco da lasciar tutto agli uomini che sapevano fare meglio di lui” è una battuta sarcastica che Sciascia si lascia sfuggire, poco tempo prima di morire, nella sua opera “Il cavaliere e la morte”, davanti alla ferocia di cui è capace l’uomo. Le efferatezze umane non hanno limite. Non c’è spazio al rimprovero severo e deciso della coscienza. Il Male ci riempie di orrore e di sgomento, mette in crisi la nostra credenza in un mondo provvidenzialmente ordinato. Il Bene c’è ma non fa chiasso, si dà per scontato, riempie il cuore e i giorni di sereno, ma è delicato come una veloce nuvola passeggera. Se esistessero rimedi risolutivi potremmo rassicurarci, ma non esistono risposte facili. Davanti a questa ineliminabile realtà del Male e del Bene c’è chi la maledice, chi ne resta oppresso, chi la nega, chi la la somatizza, chi vuol viverla nella verità di sé, in modo immanentistico, chi invece, nella fede, vuol viverlo nella verità di Dio, chiedendo e gustando quella tenue luce che libera dal vuoto assurdo e lascia intravedere un progetto d’amore. Il Male è l’abisso dell’Assenza, il Bene è una Presenza.
Il Male e il Bene
Anche se il Bene e il Male fanno profondamente parte della nostra esistenza, non è così scontato sapere e capire cosa sono. Male e Bene sono legati ai tempi, alla geografia, alla cultura. Credere di sapere cos'è il Bene e cos'è il Male è un’illusione. La questione, poi, è anche legata alla nostra libertà, altro tema che ci inquieta, appena ci fermiamo a pensare. L’uomo libero è capace di trasformare il Male in Bene, per quella...