Notizie dagli USA


I bianchi si risentono

The Economist ha destato scalpore con le ultime uscite dedicate a cancel culture, woke e differenza tra liberali sinistri che non ammettono libertà d’espressione, e quelli che restano fedeli all’importanza primaria di coniugare libertà di parola ed uguaglianza. Da Londra ci ricordano che Milton Friedman insisteva: “una società che metta l’uguaglianza prima della libertà, finirà senza né l’una né l’altra”. Come mai una rivista da sempre concentrata sui temi economici e geopolitici va a dedicare tanti articoli su...

... questo tema? Magari leggono Zafferano.News ed hanno finalmente capito l’importanza di questo tema per il futuro delle società occidentali?

Più probabilmente si accorgono che oggi i bianchi americani si risentono di questo clima da caccia alle streghe, non solo più i poveracci deplorables (spregevoli, come li chiamò Hillary Clinton in campagna elettorale) sempre pronti ad osannare Trump, ma specialmente i ricchi delle metropoli costiere. Già, fino ad un anno fa faceva figo, e non impegnava, andare alle marce Black Lives Matter e farsi vedere molto inclusivi con un bel cartello BLM nel giardino ben rasato di fronte a casa. Ma adesso son sempre di più i ragazzi ricchi che non riescono ad entrare nelle università prestigiose che, all’insegna dell’inclusività, riempiono le classi di neri e studenti poveri lasciando fuori loro. Quanto rode ad un genitore che ha pagato $200.000 per mandare il cucciolo ad una scuola privata, che in passato garantiva l’accesso ai college migliori, vedere che adesso il ragazzo deve ripiegare su un'altra scuola?

Anche nel mondo lavorativo, come in quello accademico, le aziende sono passate da proclami e donazioni da poco impegno, a rigorosi corsi di formazione sulla necessità di rivedere i propri bias e cercare di capire anche chi esprime concetti strani, se fa questo per il suo retaggio culturale o altri motivi woke. Non che i neri ne abbiano avuto alcun vantaggio: a parte qualche elezione di sindaci e politici finalmente a rappresentare le donne, neri ed asiatici, nelle aziende pubbliche e private non si vedono sostanziali cambiamenti, se non appunto l’obbligo di corsi molto severi e quello del silenzio.

In America in questo istante ci sono più ricerche di lavoro che lavoratori, e tra aprile e giugno undici milioni si sono licenziati senza passare ad altro, stando a casa sul divano o forse pensando di aprire una loro impresa. In un recente sondaggio Microsoft su 30.000 lavoratori, il 41% considera di dimettersi, e la percentuale sale a 54% per i GenZ. Da dove viene questa crisi? Oltre la metà degli intervistati cita lo stress lavorativo dovuto al lavoro da casa ed ingiustizia nelle promozioni, licenziamenti indiscriminati, ed il fatto che spaccarsi la schiena senza una concreta prospettiva di miglioramento non funziona. In una parola, l’immobilismo e la cancellazione promosse da questa cancel culture stanno facendo effetto. Invece di reagire al problema e cercare una nuova opportunità, sempre più persone gettano la spugna e si fermano.

I Democratici cominciano a spaventarsi seriamente di questo fenomeno: ad insultare i Repubblicani, ad inventare nuove parole come “Latinx” (per dire di origine sudamericana ma né maschio né femmina per non offendere), a dire che la polizia andrebbe cancellata, che gli immigrati illegali devono esser lasciati liberi di entrare nel paese, ed in generale a dire al mondo tutte le cose che non vanno fatte o dette, ultima delle quali non rispondere, la possibilità di conservare la maggioranza a Washington si scioglie come neve al sole. Chi è woke vuole cancellare il problema, ma non proporre una soluzione, ed agli Americani non piace.

L’America capisce che la cancel culture distrugge la libertà d’espressione e la meritocrazia: se addirittura la CIA dice di essere cisgender, intersectional e patriarchal (intraducibili perché  aria fritta), chi vorrebbe mai andarci a lavorare? Raccomando questo e speriamo che il problema sparisca. Se poi ci ritroviamo Trump presidente, nessuno si stupisca.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro