Tecnosofia


La cura che unisce generazioni

Come sottolineato nelle scorse settimane, chi oggi è in età lavorativa si trova a reggere due estremi della società: gli anziani che vivono più a lungo ma spesso non sono più autosufficienti, e i figli arrivati tardi in una stagione di incertezza economica, educativa, psicologica. 

Una pressione che rischia di spezzare l’equilibrio delle famiglie e, con esso, quello del Paese. Eppure, proprio questi due poli fragili potrebbero diventare risorse l’uno per l’altro, se la tecnologia saprà allearsi con loro.

L’Italia immagina un futuro in cui si invecchia sempre più a casa, con l’aiuto dell’Assistenza Domiciliare Integrata e delle politiche per l’invecchiamento attivo. Ma questo modello può funzionare solo se permette di liberare tempo e energie a chi lavora, senza dilatare il carico emotivo e pratico dell’assistenza. Qui entrano in gioco gli strumenti che rendono possibile una cura distribuita: sensori domestici, tele-monitoraggi, robot che sostengono i movimenti, assistenti digitali capaci di ricordare terapie e appuntamenti, piattaforme che coordinano famiglia, operatori e medici.

Quando la tecnologia diventa un “terzo braccio” invisibile, allora le generazioni possono incontrarsi. Gli anziani, sollevati dalle mansioni più faticose, familiarizzati col digitale grazie all’IA generativa e supportati nel mantenimento delle capacità cognitive, possono offrire tempo, ascolto e presenza ai più piccoli: leggere una storia, aiutare nei compiti, condividere competenze pratiche, ricordi di una vita vissuta o semplicemente trasmettere quella calma e quell’amore che nessun algoritmo sa dare. I bambini, a loro volta, possono riempire di senso le giornate dei nonni: portare novità, stimoli, affetto non programmabile. Uno scambio che fa bene a entrambi.

Ma non si tratta solo di famiglia. Comunità, scuole e servizi potrebbero creare spazi intergenerazionali dove giovani e anziani collaborano: orti condivisi, laboratori artigianali, doposcuola gestiti insieme, spazi culturali dove i “lenti” e i “veloci” della società imparano a sostenersi. E la tecnologia può orchestrare questo incontro: organizzare turni, segnalare bisogni, rilevare difficoltà, prevenire rischi.

Esperienze pilota già lo dimostrano: condomìni senior in cui studenti universitari abitano a canone ridotto offrendo compagnia e piccoli aiuti quotidiani; centri di quartiere dove anziani abili insegnano mestieri manuali mentre i ragazzi li aiutano con smartphone e burocrazia digitale; piattaforme di “tempo condiviso” che coordinano visite, micro-compiti e attività educative intergenerazionali. Piccoli esperimenti che mostrano quanto sia possibile far circolare valore tra età diverse, quando la tecnologia rende semplice ciò che un tempo era complesso e, soprattutto, è essa stessa più facilmente spiegabile e comprensibile.

La cura non è solo un dovere: può diventare una forma di coesione sociale nel momento storico senza precedenti in cui numerose generazioni convivono. La tecnologia non è il fine: è la condizione che rende gli umani liberi di dare ciò che essi solamente sanno dare.

In un Paese che invecchia e che fatica a crescere, la risposta non può essere la solitudine dei singoli, ma la cooperazione tra generazioni. La cura che unisce le età è, forse, la politica più innovativa che possiamo immaginare.


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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.