Tecnosofia


Ora Davide è più forte

Qualche puntata fa vi ho reso partecipi di quella che è una delle più grandi e affascinanti sfide tecnologiche contemporanee. Vinceranno le big tech (OpenAI, Anthropic, Google, ecc.) con i loro mega LLM (large language model) capaci di rispondere a qualsiasi domanda posta da chiunque sullo scibile umano, o si affermeranno invece una miriade di piccoli LLM, che sapranno però adeguarsi alle esigenze puntuali di ciascuno di noi e che magari, nella mia visione di alleato digitale, ci accompagneranno per tutta la vita migliorando e apprendendo con noi? Vincerà insomma Golia o Davide?

Mentre ci intrattenevamo su come l’alleato digitale potrà cambiare il mondo delle imprese e delle professioni il settore dell’intelligenza artificiale generativa ha vissuto forti terremoti che oggi mi fanno dire che Davide ha più frecce al suo arco o meglio più sassi alla sua fionda.

Si registrano botte da orbi tra i titani. Elon Musk, con una cordata di investitori, avrebbe offerto 97,4 miliardi di dollari per acquistare OpenAI (stimata circa il doppio come valore: un nuovo capitolo della saga tra lui e Scam Altman, come ama definirlo storpiando il suo nome (scam in inglese significa truffa). Altman ha rimandato al mittente l’offerta, con altrettanto dileggio: proponendo di acquistare per 9,74 miliardi di dollari X (ex Twitter). Pagato 44 miliardi da Musk oggi X è stimato a due terzi di quel valore. Musk, la quinta o sesta persona più potente al mondo secondo le diverse classifiche, si è messo in testa di depotenziare OpenAi, la mamma di Chat-GPT, per evitare che diventi una società for profit, cambiando la natura del progetto originario dell’azienda al quale aveva contribuito finanziariamente egli stesso. Non credo finisca qui.

Tra i comuni mortali ha fatto invece il suo ingresso nell’arena la cinese DeepSeek con una novità dirompente: un sistema di addestramento che consente di risparmiare potenza di calcolo e quindi energia per arrivare a un prodotto di prestazioni paragonabili a chatGPT, ma con ordini di grandezza inferiori di investimento. Il software è fornito in modo aperto ed è quindi ora disponibile a tutti nei suoi rivoluzionari algoritmi. Questo banalmente significa che di colpo il dogma della presunta impossibilità di competere di un continente come l’Europa e di un Paese come l’Italia sul ring delle big tech viene meno di fronte tanta, inattesa frugalità.

Ed ecco che al recente summit parigino sull’intelligenza artificiale Macron alza la testa e guida la revanche, mentre la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato l'iniziativa "InvestAI", che mira a mobilitare 200 miliardi di euro per investimenti nel settore, con un nuovo fondo europeo di 20 miliardi di euro per le "gigafactory" di IA, una grande infrastruttura necessaria per “consentire uno sviluppo aperto e collaborativo dei modelli di IA più complessi e per fare dell'Europa un continente di intelligenza artificiale". Il fondo InvestAI finanzierà quattro future gigafactory specializzate nell'addestramento dei modelli di IA più complessi e grandi.

La visione antropocentrica dell’intelligenza artificiale europea sembra finalmente avere la sua chance e il nostro alleato digitale, discreto e fedele, è oggi più vicino.

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