Pensieri e pensatori in libertà


Minoranze immaginarie

In Italia si sentono tutti in minoranza sulla vicenda ucraina. Si sentono in minoranza i pacifisti che accusano di essere marginalizzati dal Partito Unico Bellicista e dai giornalisti con l’elmetto. Si sentono in minoranza i bellicisti a oltranza che considerano gli altri chierichetti o putiniani, e forse anche chierichetti putiniani. Si sentono in minoranza pure i moderati “di regime” che devono allineare l’Europa con l’America e quelli “alternativi” che devono smarcare l’Europa dall’America, nonché quelli che fanno delle differenze tra sanzioni sul gas e il petrolio o tra armi offensive e difensive.

Ma minoranza si considerano anche quelli della guerra dei ricchi contro i poveri e quelli della democrazia contro l’autocrazia. Ovviamente, si sentono in minoranza, forse con qualche ragione di più, quelli (pochi) che sostengono che Putin abbia ragione tout court.

A parte gli ultimi, vediamo un po’ cosa dicono sugli altri i famosi sondaggi. Quasi il 70% degli italiani pensa che la colpa della guerra sia quasi o solo di Putin, ma il 60% è contrario all’invio delle armi. Il 47% pensa che l’Ucraina dovrebbe dialogare di più e il 45% che dovrebbe dialogare di meno ma i giudizi positivi su Draghi sono al 61% e quelli del governo al 58%. Insomma, per quello che valgono i sondaggi, sembrerebbe che semplicemente gli italiani siano abbastanza divisi e confusi, e che non ci sia nessuna minoranza così conclamata, tranne quella dei tifosi assoluti del leader russo, che comunque hanno un loro seguito significativo.

E allora perché tutti si lagnano di essere incompresi e minoranza? È la logica della politica di identità iconica che si affermata negli ultimi anni: se lamento di essere una piccola minoranza, creo un effetto in-out per cui rafforzo il sentire e l’immaginarsi unitario del mio gruppo. Se mi lamento, creo coesione ed escludo tutti quelli che non si riconoscono esattamente nella mia posizione. È più facile e, in questo momento, paga di più questo piccolo stratagemma da sfavorito marginalizzato che affrontare la scomoda sensazione che nessuno abbia la risoluzione decisiva e che tutti i responsabili politici dicano più o meno le stesse cose. Nel giro di questi due mesi i nostri Draghi, Letta, Salvini, Meloni, Del Rio, Renzi, Conte, De Benedetti hanno usato a turno più o meno le stesse frasi. Così come le hanno usate Biden, Scholz, Macron, Von der Leyen, Johnson, Sanchez, Trump. Certo, ci sono differenze di toni in momenti diversi, ma le posizioni, quando vengono lette e analizzate con cura nella lingua originale, non sembrano così abissalmente lontane come le vorrebbero i fan schierati e, quando lo sono, vengono presto mutate e mitigate da dichiarazioni di senso opposto. Sembra soprattutto che la classe politica internazionale navighi a vista, come quella nazionale, determinata dal day by day della guerra e degli avvenimenti politici interni più che da ferme e chiare convinzioni radicali e alternative.

Purtroppo la realtà è che, come in tutte le guerre, ne sappiamo quasi tutti pochissimo: sicuramente ne sanno poco i molti commentatori e probabilmente anche molti dei politici. L’informazione è già sempre problematica ma in questi momenti – in cui i giornalisti sono per lo più incorporati (embedded) negli eserciti e vedono ciò che gli eserciti vogliono far vedere e in cui le diplomazie vere devono per forza giocare le proprie carte lontano dalle telecamere – se ne sa davvero poco e la differenza tra fatti e opinioni si assottiglia, se non si fa attenzione.

Onesto sarebbe dire nella maggior parte dei casi “non so”, come ha detto il Papa sulla fatidica domanda sul mandare le armi in Ucraina. Ha detto la sua regola generale (no all’aumento delle armi) ma poi ha dichiarato un “non so rispondere, sono troppo lontano, se sia giusto rifornire gli ucraini” che è stranamente la verità che varrebbe quasi per tutti e per tutto. Se così si facesse, calerebbe un grande silenzio e magari più comprensione dei tanti fattori e più pietà per le vittime. Solo che, come sempre, ci vuole coraggio per dire la verità, anche quando è una verità così semplice e poco roboante.


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