IL Cameo


La joint venture ricchezza & guerra

Per chi scrive, o edita giornali o libri, una volta all’anno c’è un appuntamento fisso: il Report Oxfam (è una holding di organizzazioni no profit). E’ la narrazione di come l’1% diventi sempre più ricco, e il restante 99% sempre più povero, cioè la connotazione del CEO capitalism in purezza. L’incipit, ogni anno, è lo stesso: “E’ aumentata la concentrazione della ricchezza economica di pochi, esaltando così le diseguaglianze dei più”.

Ecco le prime cinque aziende mondiali per capitalizzazione di mercato: Apple, Saudi Arabian Oil, Microsoft, Alphabet, Amazon. Ecco i primi cinque più ricchi al mondo: Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Bill Gates, Gautam Adani.

Lo schema di comunicazione di “Ofram”, “Taxing Estreme Wealth”, “Tax Justice Network,” è sempre lo stesso: il dato chiave viene presentato come un “pugno nello stomaco” e subito c’è un parallelo esemplificativo. Per esempio, la capitalizzazione delle cinque aziende sopra indicate supera i 10.000 miliardi di dollari (in effetti un numero mostruoso), così il patrimonio personale delle prime cinque persone più ricche al mondo è di 800 miliardi di $ (idem come sopra). Ed ecco il “pugno nello stomaco”: il PIL della ricchissima Svizzera (8,7 milioni di abitanti) è di 700 miliardi di $, il 15% in meno dei “Magnifici 5”! (Ovvio che Patrimonio e PIL non siano grandezze tecnicamente confrontabili, ma nella comunicazione di oggi conta la suggestione).

E ancora:“Taxing Estreme Wealth” dichiara che nel mondo ci sono 3,6 milioni di individui con un patrimonio personale superiore ai 5 milioni di $, per complessivi 75.300 miliardi di $ (sic!). Interessante il parallelo che fa “Tax Justice Network”: mentre l’1% della popolazione mondiale, circa 75 milioni di persone, diventa anno dopo anno sempre più ricco (con balzi incredibili nelle crisi, economiche, sanitarie, guerresche), per i poveri è l’opposto. Così come per gli Stati, tutti sempre più poveri. TJN calcola che ogni anno gli Stati perdano almeno 480 miliardi di $, dei quali 310 per elusione fiscale delle multinazionali e 170 per i conti offshore dei ricchi (e mancano baristi e idraulici!).

Sempre secondo Oxfam, il patrimonio personale dei dieci uomini più ricchi è raddoppiato nei due anni della pandemia (sic!), mentre i redditi del 99% della popolazione sono sensibilmente peggiorati. Non oso pensare cosa succederà nel dopoguerra ucraino. Questo è solo uno dei 59 conflitti attualmente in corso, anche se i rimanenti 58, pensiamo solo ai due umanamente molto più drammatici (Yemen, Curdi), riscuotono interesse zero nelle redazioni e nei salotti, ma non certo nei Board di chi vende armi e munizioni.

“Guerra & Ricchezza” rappresenta la joint-venture perfetta del mondo d’oggi. Nel dopoguerra ucraino, aumenteranno di certo le ricchezze del mitico 1%, perché guadagneranno due volte: all’inizio della guerra grazie a “armamenti & logistica”, e alla fine grazie alla “ricostruzione”. Sarà un grande banchetto dei cosiddetti “profittatori di guerra”, seguendo la mitica filiera “armi-morti-distruzioni-ricostruzioni”.

Gli americani usano, da sempre, per tutto ciò che è legato alla guerra, il modello “one-to-one”. In altre parole, per ogni oggetto che esce dai loro magazzini militari, per essere impiegato sul campo o regalato all’alleato che combatte per suo conto, avviene il suo immediato ripristino con un oggetto che abbia le stesse funzioni, solo più moderno, più innovativo, quindi più costoso. La logica sottesa è ferrea: più la guerra dura, più il magazzino viene rinnovato e arricchito di nuove micidiali funzioni.

Quando, negli anni Ottanta, fui Presidente del Consorzio Fiat-Oto Melara, un mio omologo americano mi disse: “Sai cos’è per noi la guerra? E’ la rotazione ottimale del magazzino”.

Le logiche di business delle guerre e del binomio ricchezza-povertà sono state sempre intrecciate, nei secoli dei secoli. Da sempre, un potente invade un altro potente per rubargli terra e ricchezze (leggi il criminale Vladimir Putin oggi, altri appena ieri), di conseguenza i poveracci di entrambi i campi sono costretti a combattere, a soffrire, a perdere la casa, il lavoro, la vita. Poi c’è la cosiddetta pace, quindi la mitica “ricostruzione”.

La giostra “nuove povertà-nuove ricchezze-nuove diseguaglianze” riparte. Ci sarà mai, un giorno, qualcuno che blocchi questo ignobile “giochino”?

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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