... le testimonianze dei “pentiti” della Silicon Valley, personaggi che hanno contribuito in posizioni importanti a fondare l’impero delle big tech dei social e che ora ne vedono l’impatto negativo, le opinioni politico-sociali di esperti di varie discipline, la narrazione della vita di una famiglia ai tempi dei social.
La prima parte è quella davvero interessante, la seconda molto meno, la terza è fatta male. Dalla prima si apprende l’accanito studio psicologico-manipolativo che sta alla base delle scelte di design dei social e l’onnipresenza del controllo nella profilazione di ogni utente. L’esito finale è che noi non siamo i consumatori di un prodotto ma siamo il prodotto (“Quando è gratis, il prodotto sei tu”) e che il tentativo è quello di pianificare e programmare i nostri comportamenti per venderli meglio. La paura è che i cervelli elettronici siano ormai troppo potenti e che gli algoritmi siano fuggiti di mano anche ai loro creatori, passando dalla grottesca figura di Mark Zuckerberg che dice al mattino quanti milioni di utenti vuole in più in un certo Paese alla mano invisibile che ci rende nemici mortali dei nostri vicini di casa con opinioni politiche diverse.
Per chi ha letto Uomini o consumatori? Il declino del CEO-capitalism non c’è molto di nuovo se non qualche precisazione. Nel docufilm, come individuato nel libro da Riccardo Ruggeri, si conferma che il problema è il modello di business, che qui viene chiamato “surveillance capitalism”, il capitalismo della sorveglianza, e che le “felpe californiane” lo hanno realizzato e lo stanno realizzando con il beneplacito di una politica che ha paura di intervenire. È un capitalismo convinto culturalmente che le cose progrediscano sempre per il meglio (progressismo), che produce poco (il prodotto infatti siamo noi) e che parla molto (indisturbato, decidendo di cosa si parla e che cosa è giusto dire).
Insomma, docufilm utile da vedere, soprattutto per i genitori figli adolescenti, ma anche per tutti gli altri, cercando di lasciar perdere le troppe convinzioni partitiche unilaterali del finale (ci dice che Bolsonaro ha vinto le elezioni grazie ai social, ma lo dovrebbe dire anche di Obama), il calvinismo del giudizio morale sui buoni e sui cattivi, l’inevitabile accentuazione eccessiva dei lati negativi del web, il fatto che il docufilm di protesta sia prodotto da Netflix, non proprio estraneo al sistema.
Buoni i suggerimenti finali: disattivare le notifiche di tutte le app, lasciare il cellulare fuori dalla camera da letto, regolamentare il tempo sui social dei figli preadolescenti e adolescenti. Aggiungerei anche: impedire l’uso dei cellulari a tavola, frequentare buoni amici e uscire ogni tanto a riveder le stelle.