Ancora più rilevante: dei 15, tre avevano motivazioni mediche e famigliari comprensibili, che hanno comunicato nei tempi corretti. Ma gli altri dodici si sono a malapena curati di informare del ritiro, ed i dieci bocciati manco quello: spariti senza dir niente a nessuno. A questo punto ho speso un'ora con i 33 studenti che invece si sono impegnati e passato bene il corso, chiedendo cosa fosse successo ai loro compagni: “Prof, col Covid siamo stressati, sempre davanti al video. Torni in aula quando può, la troverà piena”.
Che sorpresa! Sono molti gli studi che dimostrano la tempesta perfetta che e’ la didattica a distanza: lo studente e’ preoccupato per la salute propria e dei propri cari, e’ isolato dagli amici e dai compagni di corso che vede raramente, a distanza e con scarsa comunicazione non verbale (la maschera), non puo’ incontrare l’insegnante e stabilire un rapporto che lo aiuti nelle difficoltà. (approfondimento qui). Studenti di ogni ordine e grado si stressano oltre la soglia clinica e devono consultarsi con terapisti e psichiatri. Qui a Boston, dove di studenti universitari ne abbiamo 250.000, è più facile trovar dollari sul marciapiede che un appuntamento da uno psicologo. Con la didattica a distanza siamo passati da un 15% di studenti che necessitano di supporto psicologico, ad 80%. Il suicidio è salito a seconda causa di morte tra i giovani sotto i 30 anni in America, un dramma che i competenti virologi non considerano abbastanza.
Sapendo queste cose avevo modificato il corso di quest’anno, entrando in contatto con gli studenti con molto anticipo, avvertendoli delle letture necessarie, del carico di lavoro intenso, della loro inguaribile tendenza a procrastinare. Alla prima lezione ho ripreso i fattori di rischio: molti di loro avrebbero rimandato lo studio fino a quando sarebbe stato troppo tardi, e sarebbero affogati nel panico. E’ servito, ma solo in parte. Chi ha recepito il messaggio di avvertimento e’ partito in tempo ed ha fatto tutto bene: gli altri non hanno nemmeno chiesto aiuto. Io non conosco il carico di lavoro che gli studenti ricevono da altri insegnanti, quindi non ho controllo del fatto che stiano affrontando qualcosa di eccessivo. Potevo far di più?
In America l’associazione degli psicologi (APA) ha stabilito linee guida per le scuole (qui), ed ogni liceo ed università ha personale docente dedicato a verificare carico di lavoro e salute mentale degli studenti. Questo è efficace, anche se spesso si traduce in un altro incontro via monitor, aumentando il numero di ore elettroniche. Resta valida la raccomandazione già vista in “Torna a casa, Lettore”: limitare le ore a terminale, uscire per buone camminate, corse o esercizi che facciano sudare abbondantemente, riprendere un libro in mano e tenere un diario per riflettere. Non c’è dubbio che il Covid sia un fattore di notevole stress, come pure e’ ovvio che sia meglio essere tra i 33 promossi che tra i 25 che han fallito l’obiettivo. Come genitori ed insegnanti dobbiamo aiutare i più giovani a mantenere un equilibrio sano tra le diverse attività, siano esse accademiche, lavorative o sociali. Dobbiamo prendere le marmotte per mano e farle tornare sapiens, ne va del nostro futuro.