Pensieri e pensatori in libertà


Partito e parole

Il minuto e venti secondi del teaser di Enrico Letta per il suo discorso di candidatura e insediamento alla segreteria del Partito Democratico pone dei problemi interessanti di comunicazione, a mio avviso più intriganti di quelli politici presentati poi nell’ora di discorso domenicale. I due termini forti del teaser sono “parole” e “verità”. Letta dice di credere nelle...

... prime e di voler rifondare l’unità del PD sulla seconda.

Ora, che ci sia un certo ritorno alla parola e al suo valore è vero. Lo dimostra il successo dei podcast e di Clubhouse, oltre alla resistenza della radio come mezzo di comunicazione. Non solo, il successo del social superelitario (bisogna aver un iphone per accedere a Clubhouse) ha già spinto Twitter a sviluppare una nuova funzione audio per la propria popolare piattaforma, dove si potranno anche avviare stanze a pagamento. Non c’è dubbio quindi che ci sia un revival della parola. Tuttavia, questi piccoli segnali divergenti non cambiano il trend generale della nostra società iconica, fondata sull’immenso potere delle immagini.

Curiosamente, Donald Trump, ex presidente degli US e mattatore di Twitter, il social più pensato per le parole, ha fatto un uso massiccio di questo tipo di segno, ma è stato sempre un uso iconico, destinato all’impatto immaginativo e costruito come tale anche sintatticamente e grammaticalmente. L’uso che Letta invoca è quello della retorica e del ragionamento antichi fatti di premesse e conclusioni complesse. Se si unisce questo intento a quello politico dichiarato di recuperare i giovani, viene più di qualche dubbio. Non sta usando una comunicazione già vecchia? La scelta del tipo di segno, la parola, non lo condanna già al non proporre un partito di massa? Non rischia di essere sempre più il partito ZTL? Fra qualche mese potremo giudicare.

Il secondo termine, verità, è uno dei più belli e interessanti della storia umana. Tuttavia, in questi mesi di pandemia abbiamo visto quanto il termine sia abusato e difficilmente realizzato persino nella scienza, che molti credevano infallibile. La “dura verità” o la “pura verità” non sembrano appannaggio della scienza e, a maggior ragione, non si vede come possano esserlo della politica, arte fallibile e contingente per definizione. Tanto più se si pensa che sia “la verità” a regolare i conti fra la vita delle correnti del litigioso partito.

Qui, Letta, che è uomo di grande valore intellettuale, sembra fuori contesto più che fuori tempo. Forse, venendo da sette anni di università, che la verità dovrebbe ricercarla, si è confuso e, anche in questo caso, in senso elitario: la politica di un partito di massa è forse meno ricerca e più “sangue e merda” come diceva Rino Formica, un’arte di passione, di decisione e di compromesso, alle volte disdicevole. Anche su questo, vedremo come se la caverà e apòtamente giudicheremo.

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In questo numero hanno scritto:

Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro