Gli organizzatori (bravi) erano il prof. Elvio Ancona dell’Università di Padova e il prof. Matteo Negro dell’Università di Catania. Tra i relatori e i partecipanti alcuni vecchi saggi dell’agone filosofico italiano: Evandro Agazzi, Vittorio Possenti, Francesco Viola, Francesco Botturi. Sono tutti professori emeriti e celebri, tutti in qualche modo legati al cattolicesimo italiano. Su ciascuno di essi si potrebbe scrivere una biografia, ma non è questo il luogo.
Mi colpiva, invece, un aspetto comune. L’età è quella diversamente giovane che spazia tra i 71 e gli 85 anni, eppur erano lì, arrivati fino a Udine, di fronte a una trentina di dottorandi e una decina di più o meno giovani colleghi, a discutere tutto il giorno, a difendere, a proporre teorie filosofiche che possano aiutare a comprendere il nostro tempo, a capire di più gli eterni problemi dell’uomo, a confrontarsi con emergenze attuali etico-politiche. Lucidi di pensiero, interessanti e spiritosi nella conversazione, acuti nelle osservazioni: al di là dei singoli argomenti e delle singole specialità, degli orientamenti di ciascuno in una filosofia e in un pensiero cattolico per fortuna non monolitico, viene da pensare che la giovinezza è una dimensione del cuore prima che del corpo. Dalla convivenza con questi vecchi saggi del pensiero italiano, che meriterebbero di essere più letti e ricordati, la gioventù emerge come un continuo interesse per il “mistero eterno dell’esser nostro”, per l’enigma non del tutto risolto o pacificato dell’esistenza umana e delle meraviglie del pensiero, per il senso di responsabilità verso il mondo.
Speriamo che questi vecchi professori dai cuori giovani possano avere più occasioni possibili di insegnamento di ogni genere e tipo. Son così bravi che possono parlare con ogni registro, a qualunque pubblico di qualunque età. E speriamo anche che tutte le grandi agenzie culturali, a cominciare dalla Chiesa Cattolica, non smettano di investire – come era stato fatto con loro – in menti e cuori abili, pronti e giovani. È un buon investimento perché, a quanto pare, la gioventù è una passione che non passa.