Ogni trentenne inizia a parlare male della generazione che segue, meccanicamente. Studiando, si vede poi che da sempre i vecchi hanno pensato che i giovani stessero rovinando così tanto il mondo da aver perso la possibilità di vivere valori e virtù antiche. Prendete un testo qualsiasi dell’antichità letteraria e vedrete ciascuno lamentarsi delle generazioni più giovani che starebbero rovinando il mondo inesorabilmente. Il problema è che, così fosse, si dovrebbe pensare o che siamo partiti da un’età dell’oro di intelligenza, cultura e umanità che non risultano da nessuna parte o che il mondo dovrebbe essere già finito da un pezzo, sprofondando nel nulla creato dalla violenza di giovani ignoranti.
Non pare che le cose stiano così. La verità è che i giovani di adesso non sono né più né meno intelligenti di quelli di cento anni fa, con altri pregi e altri difetti ma sempre con le stesse grandi questioni, la stessa passione al nuovo, lo stesso gusto per tutto ciò che promette verità e grandezza.
Testimonianza di tutto ciò è l’incredibile manifestazione de “I Colloqui fiorentini”, che ogni anno raccoglie migliaia di studenti delle secondarie a discutere per due giorni di autori della letteratura italiana. I ragazzi lavorano tutto l’anno sull’autore proponendo tesine, opere teatrali, poesie che siano di commento, aiuto, approfondimento a temi e testi dei grandi della letteratura.
Quest’anno toccava a Giacomo Leopardi. Mi sono ritrovato a parlare a 4500 ragazzi stipati nel Mandela Forum di Firenze. 4500 ragazzi attenti a difficili passaggi sulla filosofia di Leopardi, un giovane teen ager che, come ha ben detto Alessandro D’Avenia nel suo intervento, è rimasto fedele tutta la vita alle domande della sua gioventù. Dov’erano quelli stupidi e distratti, incapaci di concentrarsi su altro che non sia il loro smartphone?
Il vero problema della stupidità dei ragazzi sono gli adulti che non hanno nulla da proporre, troppi cinici e disillusi per proporre verità e grandezza. Non appena qualcuno, come Leopardi e come i coraggiosi organizzatori di una manifestazione che meriterebbe ben altra eco, riesce a parlare davvero dell’esperienza, propria e loro, perché umana, potrà quasi fisicamente percepire l’attenzione dei giovani cuori e delle giovani menti, veloci e vivi, che si chiedono ancora e sempre: “ed io che sono?”