Passaggio a nordest


“Lagunario, un’altra Venezia”. In viaggio con Isabella Panfido

Venezia, con la sua storia che la rende unica, appare sempre più spesso, nelle cronache del tempo fuggente, vittima di una sorta di bulimia turistica che la rende inavvicinabile nel periglioso tratto che porta a San Marco, vittima di orde fameliche di pellegrini multietnici cui poco o nulla, salvo rare eccezioni, interessa della sua anima, delle mille testimonianze che si possono scoprire percorrendo le silenziose calli alla ricerca di storie perdute, tra cui quelle raccontate dai “nisioeti”, le toponomastiche insegne dipinte sui muri a dare un nome a calli, campielli o altro di vicende ingoiate dal passato di cui in parte ne raccontò un esordiente Fulvio Roiter.

Ma c’è un’altra Venezia, quella delle sue isole, disposte in ordine sparso all’interno di una laguna che “è un’acqua meticcia, né mare né fiume, lungo i suoi 550 chilometri quadrati”. Con questo esordio inizia il bellissimo e originale viaggio proposto da Isabella Panfido nel suo “Lagunario”, piccolo libro cult uscito per Santi Quaranta a cura dell’editore di frontiera Ferruccio Mazzariol, trevigiano genere natu.

La Panfido è una figura originale di poetessa prestata alla letteratura (suo l’ardire di tradurre i sonetti di Shakespeare “alla veneziana”), dotata di una singolare ecletticità. Con lei, lungo le pagine di Lagunario, si viaggia metaforicamente in una gondola delle meraviglie che uno mai si sarebbe aspettato. Ecco allora materializzarsi storie vissute a cavallo di secoli passati che ti fanno vedere una realtà che rende ragione di un mito che va ben oltre gli scontati San Marco e Rialto. Riprende vita sant’Arian, poco oltre Torcello, sede periferica di conventi di giovani monache in presunto romitaggio (meta di gondole notturne di giovani nobili dalle clandestine speranze), per non parlare di sant’Erasmo, la più grande delle isole “che forgia i suoi abitanti e i suoi carciofi allo stesso modo”.

Murano godeva di uno status particolare nel rigido protocollo dell’aristocrazia dogale. Il patrizio serenissimo qui trovava deroga a mantenere il suo status nobiliare se sposava una borghese isolana purchè appartenente a una famiglia di Mastri vetrai. E poi altre storie a Poveglia, sorta di ultimo baluardo verso il mare aperto, i cui giovani e muscolosi povegliotti erano unici depositari dell’esclusiva di rimorchiare verso San Marco le navi cariche di spezie, sete e altri preziosi commerci.

Oppure san Giorgio in alga, “una piccola isola che galleggia come un coriandolo”, dove prese piede la congregazione dei Celestini che diede a San Pietro Papa Eugenio IV per non parlare di san Michele, ora cimitero monumentale, dove vi sono ancora tracce di un ospizio per donne traviate mai decollato e dove recenti scavi archeologici hanno restituito alla luce un tentativo di produrre a Venezia, patria della stampa a caratteri mobili, la cinquecentina di un Corano in lingua araba. Dopo la lettura di “Lagunario”, tutto il resto diventerà meta secondaria, provare per credere.

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Filippo Baggiani (Torino): commerciale settore moda, scrittore allo stato quantico
Marinella Doriguzzi Bozzo (Torino): da manager di multinazionali allo scrivere per igiene mentale
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Marco Sampognaro (Brescia): giornalista prestato all’Università, specializzato in inseguimento sogni
Giancarlo Saran (Castelfranco Veneto): medico dentista per scelta, giornalista per vocazione