... ha fatto dell'Icc uno dei settori più colpiti del Continente, soprattutto per il segmento musica.
L’evoluzione digitale che già era in corso (in modo non proprio favorevole agli artisti) ha subìto uno scossone epocale ed ora, in poche parole, ci ritroviamo un mondo digitale con più consumo di musica, più offerta musicale e anche più musicisti, i quali però continuano a impoverirsi. Le riflessioni sul punto le ha fatte a inizio anno per il Financial Times l’ex capo-economista di Spotify Will Page osservando il fenomeno: gli investitori riversano grandi risorse nell’industria musicale che sta guadagnando molto dallo streaming mentre agli artisti, aumentati di numero e ingabbiati in contratti quasi mai convenienti, spesso non vedono che le briciole della torta.
Da qui la crescita dei sistemi indipendenti, il proliferare del DIY (do it yourself) e l’avvicinarsi dei musicisti emergenti a servizi di distribuzione per cui l’artista paga una quota fissa, mantiene i diritti e le entrate sono sue. Nel 2020 le grandi etichette han pubblicato 1,2 milioni di canzoni contro i 9,5 milioni pubblicati dai musicisti grazie al sistema fai-da-te. In questo modo - anche se in mezzo a un’offerta tanto ampia farsi strada resta durissimo - la speranza di molti giovani artisti è di sopravvivere in attesa della ripresa della musica dal vivo al ritmo pre-pandemia. Ci sarà la tanto invocata ripartenza? Difficile dirlo, lo streaming sta travolgendo abitudini e mercato e la normalizzazione del settore spettacolo-live è tutt’altro che immediata. Non diminuirà quindi l’interesse al digitale e ai Social, altro vero motore della rivoluzione, a cominciare dal discusso TikTok che ha ormai voce in capitolo e sta cambiando l’industria musicale.
Il Global Music Report 2021 ci dice che il mercato ha aumentato i ricavi del 7,4% rispetto al 2019. Tra le industrie della musica in salute in Borsa, è interessante il caso di Avid Technology (specializzata in audio e video) che è riuscita a riprendersi e decollare grazie anche al riposizionamento verso la creators economy, costituita intorno ai cosiddetti creatori di contenuti per video digitali. Una clientela mista, composta di dilettanti, aspiranti professionisti, artisti emergenti i quali, allettati dai servizi freemium proposti da Avid e utili al fai-da-te, sempre più numerosi li attivano per proporsi artisticamente al meglio, ingrossando così l’offerta.
Per dirla ancora con Will Page: “la torta cresce ma il numero di chi ne vuole una fetta cresce di più”.