Notizie dagli USA


Juneteenth un anno dopo

Un anno fa nel numero 66, commentando il perdurante razzismo nel confronto dei neri, scrivevo:

“In America il termine “ricostruzione” descriverebbe la fase storica di riconciliazione dopo la guerra civile, quella che pose fine alla schiavitù. Il quattordicesimo emendamento della nostra costituzione spiega che tutte le persone nate o naturalizzate negli USA sono cittadini con gli stessi privilegi ed immunità, che non possono essere eliminate senza giusto processo.

L’uso del condizionale è d’obbligo visto che la discriminazione e segregazione, specie su base razziale, continuano ancora oggi. A parità di capacità ed esperienze, un medico nero guadagna il 15% di un bianco, un impiegato nero il 25% in meno di un bianco. Non a caso durante Juneteenth (19 Giugno, Festa della Liberazione dallo schiavismo) il Paese ha dovuto riconoscere che c’era poco da festeggiare."

Passato un anno, il presidente Biden decreta che il 19 giugno (Juneteenth) è la festa federale dei neri, a ricordo del giorno nel 1865 quando in Texas furono liberati gli ultimi schiavi di colore. È un proliferare di feste, celebrazioni, bandiere che sventolano in questo weekend del 2021, ma ci son più bianchi che neri a festeggiare, come mai? Forse perché da un anno a questa parte, nonostante proclami dei politici vincitori, donazioni salva-coscienze dei CEO da ribalta, media scatenati, non è cambiato assolutamente nulla per loro? Come potete leggere qui,  considerando tutte le occupazioni, i neri guadagnano in media il 30%, ossia $10.000, in meno dei bianchi. Non è cambiato niente.

Ho già scritto di Memorial Day, una tra le feste più sentite del Paese, ed avevo omesso che furono proprio i reduci neri della Guerra Civile a creare quella occasione a Charleston, in Sud Carolina nel 1865: erano vincitori e liberati dalla schiavitù, celebrarono tutti i caduti in guerra. Questo significa che adesso abbiamo due feste nazionali, Memorial Day e Juneteenth, per celebrare la fine della schiavitù nel 1865, ma ancora la condizione economica e sociale dei neri non cambia di una virgola. Dall’agricoltura ai social media, per i neri è durissima far carriera come gli altri, molto più facile prendersi un proiettile.

In America abbiamo ancora molto da riflettere sulla differenza tra storia e memoria. La prima è fatta di eventi, personaggi, posti e motivazioni normalmente assodati, la seconda è fatta di emozioni che tendono a sottolineare solo alcuni aspetti e simboli della storia. I fatti storici sono quelli che son successi, ma la memoria è narrazione che cambia l’interpretazione dei fatti, e troppo spesso gli interessi di chi racconta la storia sono mirati a mantenere lo status quo.

Basta una festa per dire che lo schiavismo e segregazione sono finiti? Le facce dubbiose degli amici neri fanno pensare al contrario, abbiamo ancora molta strada da fare. Le statistiche dell’articolo allegato sono impietose, per di più riportate da McKinsey, che probabilmente ha qualche interesse in gioco. La raccomandazione è condivisibile: servono meno feste e più imprenditoria nera, per avvicinarsi alla parità di condizioni economiche e sociali.


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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini