Vitangelo Moscarda abbandona i propri averi e con queste parole pure il proprio nome: (non) finisce così l’ultimo romanzo di Pirandello “Uno, nessuno, centomila”. Un atto decostruzionista volto allo smantellamento del sé da ogni gabbia metalinguistica, dove intravediamo la medesima liberazione dell’autore siciliano. Nel racconto tutto nasce da un naso pensato dritto, scoperto storto verso destra nell’occhio della moglie Dida, perché si sa che la bellezza (e non solo) sta negli occhi di chi guarda. In questa discrepanza fra dentro e fuori, personale o altrui, qual è il confine che ci divide dal prossimo nostro?
Siccome poco fa gli ho rubato qualche parola, ora citerò Jacques Derrida, padre del decostruttivismo e autore di numerose teorie circa l’incongruenza dei linguaggi. «Mentire è dunque voler ingannare l'altro, talvolta anche dicendo la verità. Si può dire il falso senza mentire, ma si può anche dire la verità con lo scopo di trarre in inganno, cioè mentendo». Possiamo dedurne come sia pressoché impossibile distinguere, in quanto questa di-visione necessiterebbe di certezze a noi ignote. Tuttavia quella che emerge dal pensiero del filosofo è una consapevole intenzionalità delle nostre azioni: non sappiamo come saranno interpretate ma una vaga idea ce l’abbiamo di certo.
Voglio quindi concludere citando l’immensa produzione di Juan Pablo Echeverri e il suo “Miss Foto Japón”: una collezione di migliaia di fototessere dove l’artista si è immortalato ciascun giorno della propria vita per anni. Il nome Foto Japón lo si deve alla più grande azienda specializzata in fotografia della Colombia, nonché franchising delle botteghe fotografiche presso cui Echeverri si recava quotidianamente. Posso affermare di aver trovato i 100000, se foste curiosi.