Le modifiche pare siano state richieste dalla compagnia intenta alla curatela delle opere di Dahl, avvalsasi per l’occasione di un’apposita agenzia esperta nel bizzarro compito. L’azione editoriale ha posto il proprio focus nell’eliminazione o modifica di parole connotate come razziste, grassofobe o misogine.
Ci confrontiamo con una sensibilità odierna che ha determinato differenti confini morali, giungendo a riconoscere alcune espressioni come offensive verso gruppi o minoranze. L’uso della pratica delle “sensitivity readers” consiste nell’analisi del manoscritto da parte di un individuo che rappresenti la categoria umana descritta nel testo in esame. Tale controllo nasce con finalità indubbiamente corrette, avendo lo scopo di garantire un approccio inclusivo e rispettoso di differenti identità, ma presenta un altrettanto evidente rischio liberticida. L’accusa mossa alla letteratura di generare stereotipi offensivi, rappresentazioni fallaci o percezioni lesive, induce diffidenza nelle coscienze di noi stessi e degli altri, minando le basi di un dispositivo culturale millenario.
L’incremento vertiginoso di editori avvezzi a questa pratica conduce a perdite incalcolabili di creatività ed espressività degli autori, i quali dovrebbero contare di piena libertà nell’esplorare temi controversi, avversi alle convenzioni sociali, talvolta satirici. La spada di Damocle della cancel culture potrebbe condurre a un vero e proprio sistema censorio, vicino a quello propinato nei secoli passati dall’Inquisizione e dalle dittature novecentesche.