IL Digitale


L’economia delle piattaforme mangia le promesse

Con tre miliardi di prodotti viventi, ossia persone felici di usare Facebook gratuitamente ed ignare di essere il prodotto, Zucki decide che la raccolta pubblicitaria non è più sufficiente, e vuole aumentare l’incasso. Basta convincere una piccola parte di quei tre miliardi a pagare $12 al mese per il bollino blu e chissà quale altra aria rarefatta, ed il gioco è fatto. 

Non è l’unica piattaforma a rimangiarsi la promessa di gratuità del servizio: Snapchat chiede $4 al mese, Twitter il doppio, e non parliamo di Amazon, che per Prime ne chiede $15. Il gioco è sempre lo stesso: dare servizi gratis fino a quando un numero importante di clienti non può più farne a meno, e poi introdurre piccoli aumenti di prezzo per evitare di perder troppi utenti, ma allo stesso tempo far profitti come piovesse.

Conosco la fregatura di prima persona, perché vedo come mia moglie abbia continuato ad accettare piccoli aumenti per Prime nel corso degli anni: non son passati da $0 a $15 d’un botto, ma poco alla volta, come quando scaldi l’acqua con dentro la rana. Con 200 milioni di sottoscrittori Prime, capite bene che anche solo l’aumento di $1 al mese, son soddisfazioni per il CEO con la felpa ed i suoi azionisti. Quando provo a chiedere che vantaggio abbiamo dallo spendere $15 al mese, la risposta della moglie è sempre la stessa: la comodità di avere il tuo acquisto sulla porta di casa il giorno dopo, gratuitamente. Quando penso a ribattere, che al vantaggio del ricevere qualcosa sulla porta corrisponde il rischio ti venga fregato e che ci perdiamo pure, perché il prezzo Prime non è mai il più basso, mi trattengo: decine d’anni di vita matrimoniale mi consigliano di star zitto.

Come fare a difendersi da queste strategie commerciali?

Innanzitutto, non focalizzarsi su una piattaforma sola, alla stregua di quanto si fa per altre linee di servizio come carte di credito, o linee aeree. Tenendo conto che quando siamo abbonati l’azienda vede se lo siamo anche a servizi concorrenti, meglio tenersi più opzioni a disposizione e vedere quale conviene per davvero. In altre parole, partiamo dall’assunto che la piattaforma non ha a cuore i nostri interessi, e farà di tutto per scucire qualche pagamento in più.

In secondo luogo, come accennato per la privacy, meglio mantenere profili diversi e fare il possibile per confondere le proprie tracce su internet. Più ci facciamo conoscere, più arriveranno offerte cui è quasi impossibile dir di no, perché’ mirate perfettamente sulle nostre preferenze. L’utilizzo di VPN per fingersi in altri paesi, browser e profili diversi, vi aiuterà ad ottenere prezzi e condizioni migliori.

Se poi pensiamo di vendere attraverso le piattaforme, e ci va bene dare il 25-30% di commissione a queste multinazionali che non hanno certo a cuore i nostri interessi, meglio diversificare il più possibile e star lontani come la peste da qualsiasi accordo di esclusiva. E’ vero che le piattaforme aiutano le piccole aziende a crescere e scalare, ad esempio fornendo l’infrastruttura affidabile per gestire pagamenti, spedizioni e restituzione merce, ma lo fanno ad un prezzo esorbitante e solo per mettere il cappio all’azienda, che si troverà a lavorare come un dipendente.

Molti politici, spaventati dal potere contrattuale di queste grandi piattaforme, parlano a vanvera di monopolismo e dell’importanza di multare queste aziende: sbagliano il concetto di base. Non abbiamo un problema di monopolismo, perché come clienti potete comprare dall’una o dall’altra piattaforma senza problemi, se avete la disciplina di farlo. Abbiamo un problema di monopsonismo con le piattaforme, perché come fornitori non avete molte alternative sul come raggiungere i clienti.


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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata