Settembre. Tra la preparazione degli esami universitari e l’inizio delle lezioni, entro in contatto, per una strana, ma fortunata, coincidenza, con Riccardo Ruggeri. Ho l’onore di leggere, in anteprima, “Guerra e Poesia”. Ne assaporo la genialità della struttura compositiva, mi immergo nella straniante multiformità dei testi, dei generi e dei registri. Noto, immediatamente, l’elevato potenziale drammaturgico.
“Da questo romanzo potrebbe trarre una pièce”.
Comincia, così, in un afoso pomeriggio di tarda estate, un prezioso sodalizio (quello tra le parole di Ruggeri e la mia passione per la recitazione e la scrittura teatrale) che è presupposto fondamentale alla nascita e allo sviluppo del progetto di “Guerra e Poesia”, condiviso per la prima volta con il pubblico del Teatro Gioia (PC), la sera del 20 Novembre.
Tra le mura del teatro piacentino, nello spazio quasi intimo di un’umanità in continua e reciproca condivisione, si rivivono gli orrori della guerra, in un fluire polifonico che, traendo origine dalla vicenda personale di Riccardo Ruggeri, trattiene e dona frammenti di storia collettiva. Guerra e Poesia, male e medicina, dialogano in un confronto che annulla le polarità radicali e cede il passo all’incontro, al compromesso, alla soluzione.
“Sarà possibile scrivere di Guerra e di Pace usando la poesia?”.
La messa in scena, pur nell’indiscutibile emozione e suggestività, e solo il tassello finale di un lungo e sottile percorso di lettura, selezione del materiale, riscrittura e cucitura. È la restituzione collettiva di un delicato gioco dialettico che vede protagonisti, sebbene a distanza, autorialità ed esecuzione. “Ho conosciuto Silvia soltanto stasera” ricorda Ruggeri al termine della performance, fiero della riuscita di un incontro che ha saputo avvalersi di una comunione di propositi e spirito poetico indipendente dalla materialità di un lavoro “faccia a faccia”.
Ultimo, ma certamente irrinunciabile, passo del percorso creativo riguarda il lato musicale, affidato, nella pianificazione e nella realizzazione, a Ludovico Emanuele Russo, noto protagonista del panorama musicale giovanile cremonese. Polistrumentista, ma, per l’occasione, affezionato alle sue due chitarre, Ludovico spazia duttilmente tra generi e sonorità differenti, prestando orecchio alla parola, guidando, sollecitando, accompagnando il mio recitare.
Nasce, così, un monologo che mescola prosa e poesia, che fagocita, in una prospettiva atemporale, storie, voci, nomi. Un monologo che, nell’era della diseducazione alla lettura, si fa vanto della propria oralità e della propria efficacia performativa. “Guerra e Poesia” parla, racconta, smuove coscienze. “Guerra e Poesia” vive.