... e solo Powerpoint di maquillage finanziario daranno un quadro nebbioso per attrarre ancora qualche investitore improvvido. Quello che interessa qui è l’aumento della robotica in ottica post Covid.
Le fabbriche nel corso degli anni hanno inserito sempre più automazione, principalmente per evitare le attività più faticose e rischiose agli operai, e per migliorare produttività ed affidabilità del processo produttivo. I PPE (personal protective equipment come occhialini, caschi, cuffie e scarpe di sicurezza) sono comuni, ma finora nessuno s’era mai preoccupato della mascherina e della distanza "sociale" tra le persone. Questo significa che in fabbriche già sufficientemente automatizzate, le aziende devono risolvere il problema di diradare la concentrazione di personale assicurandone la protezione contro il virus: problema o opportunità?
Un automobile è composta mediamente di 5.000 componenti, molti dei quali sono assemblati da altri per un totale di circa 30.000 codici materiali diversi. Scegliere, prelevare e trasportare pezzi è un qualcosa che i robot riescono a fare sempre meglio, ed ecco che buona parte dell’approvvigionamento dei materiali alla linea di produzione può essere automatizzato. Per gli operai che si occupavano solo di questa attività si prospettano tempi difficili, per quelli che facevano anche assemblaggio il risultato è l’incremento di produzione dei pezzi.
Il robot non prende e non trasmette il Coronavirus: a parte il rischio di virus informatici ed una manutenzione sugli ingranaggi ogni tot di cicli, questo schiavo digitale non ha piani per Natale, non chiede pause o permessi, e specialmente non apre bocca. Tonterello e noioso nella sua repetitività, è sempre più rapido ed in grado di lavorare a fianco a fianco con una persona, che invece deve star lontana dal suo simile causa virus.
Su quanto sia in grado di stare al lavoro con l’uomo, nella rubrica “Musica in Parole” Valeria De Bernardi mette l’accento sui rischi di questo connubio: quello che può iniziare nel migliore dei modi può anche finir male come nel video di Nigel Stanford.
Se pensiamo al bicchiere mezzo vuoto, il problema, è chiaro che l’aumento dell’automazione in fabbrica elimina posti di lavoro: secondo uno studio del MIT per ogni nuovo robot si perdono 3 posti di lavoro, e quelli che restano sono molto più ligi a procedure e controlli. Si può capire la pressione salariale su chi rimane, perché alla standardizzazione delle procedure corrisponde sempre la commoditizzazione della loro esecuzione, e quindi dello stipendio a fine mese.
Se pensiamo al bicchiere mezzo pieno, l’opportunità, il robot consente di tenere vive le fabbriche sul territorio, senza farle "scappare" in paesi con salari schiavistici. Questo a sua volta può trattenere la ricchezza prodotta localmente, e da lì far girare l’economia a vantaggio anche di chi purtroppo ha perso il posto di lavoro. A voi la scelta: problema od opportunità? Tutti su Twitter a discuterne!