Quello che forse non ricordate è che dei mille microscopici fili che Neuralink gli ha piantato in testa, dopo un mese l’85% non funzionava più, ed i ricercatori hanno dovuto modificare il software per consentire al 15% rimanente di soppiantare in parte le connessioni perse. Neuralink è figlia di Musk: è chiara l’impronta ingegneristica che porta a scoperchiare la calotta cranica, inserire i filetti come faceva Frankenstein, e poi smanettare sul codice. Cosa cambia quando un medico prova a costruire l’interfaccia computer-cervello?
Nel caso del Dott. Tom Oxley e della sua Synchron, vediamo un approccio diverso: perché aprire il cranio con un’operazione invasiva che facilmente porta complicazioni? Come entrare nel cervello senza rischiare infezioni e crisi di rigetto? Da dodici anni sul mercato, ha quasi venti pazienti in cura, molto di più di Neuralink ed altri concorrenti. L’idea è di inserire il chip nel flusso sanguigno, risalendo da un’incisione nella vena giugulare. Ricorda l’operazione di stent che si fa per problemi circolatori, e la potete vedere qui.
Lo studio pubblicato si riferisce a quattro pazienti con sclerosi multipla e cinque paralizzati, seguiti nel loro percorso terapeutico per oltre due anni. Questo approccio alla raccolta dei segnali elettrici del cervello si dimostra molto più sicuro dell’andare ad aprire la testa del paziente, e data la vascolarizzazione della nostra zucca, ha ampi margini di miglioramento.
Oxley viene dalla pratica clinica, dall’aver fatto oltre 50 operazioni all’anno su pazienti con ictus, aneurismi, emorragie cerebrali e curato altri affetti da Lou Gehrig. Questa esperienza gli ha dato l’ispirazione per inserire un computer attraverso il sistema circolatorio e posizionarlo sulla parete della corteccia motoria, la parte del cervello che gestisce i movimenti. Con una batteria che dura dieci anni, questo microcomputer ascolta e controlla gli impulsi elettrici del nostro circuito motorio, quasi come un pacemaker aiuta il cuore a battere regolarmente.
È presto per dire quale dei due approcci sia migliore, e specialmente se lo sia per alcune patologie e non per tutte, ma credo sia affascinante vedere come un ingegnere ed un medico trattino lo stesso problema con approcci diversi. È anche probabile si affermino altri approcci non invasivi, grazie al miglioramento delle tecniche di imaging e di raccolta ed analisi delle onde che emette il nostro cervello. Questo è un campo molto affascinante, e le prospettive per questi pazienti cominciano a migliorare.