IL Digitale


Un robot per Amico?

All’avvento dei co-bot, ossia quei robot in metallo e bulloni che lavorano spigolo a gomito con un essere umano, un grosso problema da risolvere era l’interazione tra la macchina e la persona. Innanzitutto, per assicurare la sicurezza delle attività ed evitare qualsiasi incidente, poi per fare in modo che non servisse un esperto informatico per comunicare, si decise a...

... usare semplici iPad e Kindle sul cui schermo proiettare emoticon. Faccino triste significa che il robot non va bene, faccino sorridente che è tutto a posto, ma il numero di messaggi che si possono scambiare con emoticon non rende il dialogo interessante, e la persona non sviluppa nessun rapporto con la macchina.

Negli ultimi due anni queste interfacce si sono evolute, specialmente sui robot usati in Giappone per aiutare lungo-degenti ed anziani poco autonomi, ed è stato sorprendente vedere i vecchietti giapponesi sviluppare emozioni e vero e proprio attaccamento per queste macchine. Proprio da qui è partita una riflessione che oggi si traduce finalmente in un’innovazione pratica. Se io vecchietto devo pensare a tutte le possibili istruzioni da dare al robot, non mi muovo più. Se gli devo dire: accompagnami alla finestra, andiamo in giardino, portami alla panchina, e poi tutte le correzioni necessarie perché il robot non ha sentito bene e mi porta dalla parte sbagliata, faccio prima ad andar da solo.

In questi giorni il MIT di Boston ha finalmente pubblicato il risultato di una ricerca sulle dinamiche sociali dei robot (qui), ovvero quando riescono a capire, ad indovinare le intenzioni l’un dell’altro. Come quando il cane vi vede vestirvi e capisce che state per uscire, e va a prendere il guinzaglio per dirvi di accompagnarlo fuori, così si riesce a dare una prima forma di intuizione sociale al bot. Come con Fido, quando siete fuori non dovete richiamarlo continuamente, perché intuisce dove volete andare e si regola di conseguenza, ecco l’interazione sociale del robot. Le capacità sociali sono basate sulle emozioni e sulla nostra capacità di capire cosa sta facendo o come si sente il prossimo: riuscire a simularle da parte di un ammasso elettronico è un passo importante.

Un robot che abbia uno sguardo più sofisticato di un emoticon, un rivestimento che al tatto dia l’impressione di una pelle, un controllo del linguaggio naturale che consenta di parlarci assieme, e specialmente le capacità sociali di un cane, è un oggetto cui noi possiamo affezionarci. Già due anni fa, all’Università di Tampere in Finlandia i ricercatori avevano confermato che se scambiamo uno sguardo con un robot umanoide, i cui occhi e sembianze siano simili a noi, scatta un meccanismo relazionale. Cominciamo a non distinguere più, nettamente, che quanto abbiamo di fronte è fatto di metallo e circuiti elettronici, e così inizia il processo di socializzazione. Se poi lo toccate ed avete la sensazione di pelle e magari di calore, il gioco è fatto.

Avevo già parlato di Gita, progettato da Piaggio qui a Boston, e nonostante non abbia sembianze umanoidi sta trovando un buon campo di applicazione proprio come compagno per le persone anziane, che debbano uscire e fare la spesa, come nel progetto di Nicola Palmarini descritto qui. Visti i trend demografici di aumento della popolazione anziana, della difficoltà a mantenersi con le pensioni che si assottigliano, della necessità di mantenersi indipendenti ed attivi anche avanti negli anni, l’ipotesi di avere un robot per amico non è poi strampalata. La speranza è che la raccolta dei dati che queste macchine fanno continuamente non porti a ribaltare il rapporto schiavo-padrone che dovrebbe essere robot-persona, e mai viceversa.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro