... se li mandano in un reticolo complicatissimo di sinapsi.
A differenza di un computer nella nostra zucca non c’è un’area dedicata, per esempio alla memoria, per cui il ricordo della nostra prima bicicletta è sparso tra amigdala, ippocampo, corteccia prefrontale ed altri parti del cervello. In pochi centesimi di secondo si accende il ricordo delle nostre pedalate, ritrovando i dati su colori, forme, sensazioni ed emozioni che confluiscono restituendoci immagine e sensazione della nostra prima bici. Altri ricordi, che non ci abbiano emozionati, vengono potati di continuo perché classificati come inutili.
Dal ’45 ad oggi abbiamo fatto molti progressi con la miniaturizzazione dei componenti elettronici ed anche con la scienza dei materiali, che oggi ci consente di usare materiali, come l’ossido di nickel, che hanno proprietà fisiche e chimiche insospettabili fino a poco fa. Riusciamo così a creare un network neuronale artificiale che riproduce, seppur in modo semplificato, la complessità del nostro cervello. Il campo di studi dedicato all’architettura dell’intelligenza artificiale si chiama neuroformismo (qui), e l’obiettivo è quello di mettere assieme un numero sempre maggiore di neuroni elettronici. Oggi abbiamo sorpassato il ranocchio (16 milioni di neuroni) e siamo già a livello di marmotta (50), a breve arriveremo al cane, che ne ha 500 milioni, e poi ad un elefante con 11 miliardi. Prima di arrivare ai nostri 80 miliardi di neuroni, ce ne passa.
Il grosso problema di queste sfide non è solo la complessità dell’assemblaggio di sempre più neuroni, ma il consumo elettrico. Mentre il nostro cervello gira a 20 watt, ossia una lampadina a basso consumo, questi cervelli elettronici pieni di neuroni consumano troppa corrente, scaldando i circuiti e richiedendo ulteriori soluzioni per il loro raffreddamento. Il nocciolo sta nella fisica. Una ricerca pubblicata da poco (qui) comunque fa ben sperare. Gli scienziati sono finalmente riusciti a costruire un cervello che modifica la propria struttura, e quindi il proprio comportamento, a seconda dei diversi stimoli che riceve dall’ambiente esterno: è in grado di capire ed adattarsi al contesto senza consumare troppa corrente.
Scopriamo che l’ossido di nickel ha proprietà da fisica quantistica, ed i neuroni così costruiti riescono a recepire variazioni di ossigeno, ozono, luce e temperatura e modificare la propria risposta ed i segnali mandati nel network neuronale, senza consumar troppa energia. Questo è particolarmente importante perché’ significa che il singolo neurone ha la capacità di imparare e modificarsi rispetto ai cambiamenti ambientali, il primo passo per costruire un cervello elettronico veramente in grado di imparare. Chi si preoccupa della nuova fabbrica Nissan giapponese, dove i robot hanno preso in mano la costruzione del veicolo e gli operai si trasformano in analisti dei dati ed informatici, può immaginare cosa succederà quando le macchine saranno in grado di imparare da sé e regolarsi in modo autonomo. Speriamo almeno abbiano i soldi per comprarsi un’auto e farsi un giro al mare.