... scandalizzato da tale presa di distanza nei confronti del Neoclassicismo, al quale si opponeva il crudo realismo di Gèricault. E’ pur vero che il tema del naufragio e degli incidenti marini (l’opera inizialmente si chiamava “Scena da un naufragio”) era diventato un vero e proprio filone artistico, che metteva insieme la storia contemporanea a una poetica del paesaggio.
E infatti Gèricault si ispirava ad un fatto realmente accaduto: il naufragio della fregata “Meduse”, avvenuto il 2 luglio del 1816, a causa delle decisioni affrettate e della cattiva conoscenza di quelle acque da parte del suo capitano, Hugues Duroy de Chaumareys. Oltre 250 persone si salvarono a bordo delle scialuppe, le restanti 150 dovettero essere imbarcate su una zattera di fortuna, lunga 20 mt e larga 7, e solo in 15 fecero ritorno. «La zattera condusse i sopravvissuti alle frontiere dell'esperienza umana. Impazziti, assetati e affamati, scannarono gli ammutinati, mangiarono i loro compagni morti e uccisero i più deboli.» scrive Jonathan Miles. Lo scandalo scoppiò nel settembre successivo, quando il chirurgo Henry Savigny, sopravvissuto della zattera, raccontò il clima di violenza e sopraffazione tra i sopravvissuti: gli avversari del governo sottolinearono la discriminazione patita dai non privilegiati e la nomina di quel comandante la cui negligenza fu considerata la causa principale del naufragio. La tragedia aveva avuto una risonanza internazionale.
Géricault fu affascinato da quell’avvenimento tragico e volle incontrare il medico sopravvissuto che gli descrisse la sua esperienza e che ispirò l’intenso dramma del dipinto; lavorò insieme al falegname della Medusa, Lavilette, per costruire un modello in scala della zattera; compì numerosi viaggi a Le Havre per assistere a tempeste e studiare il movimento delle onde del mare. Infine, visitò l’obitorio dell’ospedale di Beaujon di Parigi per studiare il tono muscolare dei cadaveri, e prendere consapevolezza del processo di decomposizione dei morti. La scelta del momento da immortalare sulla tela fu causa di molti ripensamenti: fu indeciso tra l’ammutinamento agli ufficiali, le scene di cannibalismo o il salvataggio finale ma scelse poi quello, in cui i sopravvissuti vedono all’orizzonte la nave. La didascalia sulla cornice recita: «L'unico eroe in questa toccante storia è l'umanità».