... questa e qualche altra puntata.
Se è vero che IA è ben lontana dalla capacità umana di capire il contesto e cambiare il comportamento e le decisioni in base alle circostanze, se è improponibile il paragone tra i milioni di kilometri fatti dall’auto a guida autonoma ed un neopatentato, abbiamo comunque evidenza del grande aiuto che questa tecnologia ci da su tutte le attività codificate e ripetitive. Dal riconoscimento visivo che istantaneamente ci dice se le coltivazioni crescono bene, se una tomografia mostra qualcosa di sospetto, se un criminale si aggira nella folla, alla capacità di capire il linguaggio naturale per riassumere e scrivere in modo spedito e corretto, gli esempi si sprecano. Il ranocchio sta facendo molto bene tutto quanto sia riconducibile ad una ricetta, e se gli attacchi un braccio robotico questo ti prepara i piatti, ti costruisce oggetti, ti gestisce un magazzino bene e con bassi costi.
Qui si vede la differenza tra chi capisce i limiti di IA ed automazione, e chi respira aria rarefatta leggendo PowerPoint. I primi progettano e creano un sistema che unisce queste limitate capacità della macchina alle tantissime della persona. Ecco il camion che guida in autonomia solo sul tratto autostradale, mentre il conducente prepara i dettagli della consegna garantendo maggior produttività e sicurezza al trasporto. Ecco l’applicativo che incrocia tutti i dati e conferma al dipendente in amministrazione prima che paghi una fattura. In questo modo conducente ed amministrativo evitano una serie di attività ripetitive e noiose e producono meglio e più di prima. Al contrario, se uno pensa di eliminare l’essere umano dall’esecuzione di un lavoro, non funziona.
Un secondo aspetto è l’aiuto che lo sviluppo di IA sta dando alla comprensione della nostra fisiologia e specialmente del connubio mente-cervello. Chi legge questa rubrica ricorda i progressi nella comprensione e gestione del dolore, nell’aiuto in diverse patologie neurodegenerative, nello sviluppo delle protesi e di parti del corpo che ci vanno a rendere veri e propri cyborg. Questo origina domande sull’aspetto etico e di correttezza di certi sviluppi. Se siamo tutti d’accordo che lenire il dolore, mitigare gli effetti di Parkinson ed Alzheimer e far sentire, vedere o camminare di nuovo chi ha avuto traumi o malattie sia cosa buona e giusta, cosa dire di chi usa queste tecnologie per aumentare le proprie performance atletiche, lavorative o anche diventare quasi immortale come avatar? Siamo già troppi in otto miliardi, con questa innovazione rischiamo di esser veramente tanti.
Un terzo aspetto su cui riflettere è la pericolosità di IA. Ogni tanto sbaglia, ma non capendo come ha preso una decisione rischiamo di non accorgerci dell’errore. Mentre pagare un fornitore più del dovuto è veniale, non riconoscere un cancro o dire che un’automobile in un villaggio afgano è piena di terroristi, porta conseguenze drammatiche. E su questo si innesta l’effetto funesto dei troppi investimenti cui si chiede un rapido ritorno. Dagli ospedali che han installato il cervellone elettronico senza capire come farlo lavorare a braccetto coi medici, salvo poi buttarlo via vedendo gli errori fatti, al fargli assumere candidati per un lavoro salvo poi capire che è tanto razzista quanto i giovani programmatori bianchi che l’han creato.
Il ranocchio si sta evolvendo molto velocemente, sta a noi stargli vicino perché si trasformi in un animale domestico e non in un predatore pericoloso.