USA 2020


La sconfitta vera è quella dei sondaggisti e dei media

Alla fine, probabilmente vincerà il democratico Biden, grazie alla mobilitazione senza precedenti del voto via posta, che certamente ha problemi di sicurezza, ma che è comunque ammesso dalla legge americana. Ci saranno giorni e mesi di discussioni ma probabilmente questo sarà il risultato finale, salvo inattesi capovolgimenti di scena.

Trump
non esce sconfitto. Contro quasi tutte...

... le aspettative, Trump perde la corsa negli Stati per un pugno di voti (che chiederà di ricontare) e prende circa 70 milioni di voti, rimanendo a pochi punti dal suo avversario anche nel voto popolare. Non è cosa da poco se si pensa che l’immagine che i media più potenti nel mondo e tutte le persone "well educated" (diciamo i laureati) danno di lui è quella di essere un pazzo come pazzi sarebbero tutti coloro che lo votano. Come sanno i lettori di Zafferano.news è una versione ingenua, che, per calcolo o ignoranza, non vede che Trump è un tipico rappresentante di un pezzo di Partito Repubblicano, quello tradizionale, che è opposto al neo-conservatorismo dei Bush, e che rappresenta una parte cospicua del popolo americano.

Da questo punto di vista, la sconfitta vera è quella dei sondaggisti e dei media. La frase più significativa della nottata elettorale viene dal capo del settore sondaggi di Foxnews, l’emittente vicina ai Repubblicani, che aveva comunque dato Trump perdente di molti punti e in molti Stati. Alla domanda sul perché avessero di nuovo sbagliato i sondaggi, ha risposto in due modi: 1) domani licenzierò alcune presone che hanno sbagliato, ho qui la lista, in America chi sbaglia, paga; 2) sbagliamo perché le persone hanno paura a dire che votano Trump, ma se così stanno le cose, se le persone hanno paura di ritorsioni sociali, morali o persino lavorative per sostenere uno dei candidati dei due partiti maggiori, siamo ancora un Paese libero? “La risposta – ha concluso – è no: il problema è tutto qui, per chiunque vinca le elezioni”.

Il problema in effetti è proprio questo: i dem dominano sui media e influenzano, a mio avviso in buona fede (il che è peggio), i sondaggi e le testate di tutto il mondo con la presunzione di una superiorità morale e antropologica che fa a pugni con la loro storia di difesa dei diritti popolari. Erano i rappresentanti dei diritti del lavoro e al lavoro, delle minoranze impegnate nella costruzione del Paese, e ora sono impelagati in questioni di principio che il popolo non sente sue. Significativa al proposito la perdita di consensi dei dem in molte contee a prevalenza ispanica.

D’altro canto, il GOP ("Great old party", come viene chiamato il partito repubblicano) non riesce mai ad agganciare il mondo della cultura, per mancanza di sensibilità oltre che per calcolo politico (calcolo comunque sbagliato). Alla fine, combinando i difetti dei due partiti, gli Stati Uniti rischiano di perdere la loro identità di Paese fondato sulla libertà effettiva e capace di battersi per essa: la libertà senza cultura diventa caos; la cultura senza libertà diventa ideologia.

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In questo numero hanno scritto:

Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro