Notizie dagli USA


Epidemia ADHD

Negli ultimi anni la sigla ADHD (disordine dell’attenzione ed iperattività) è entrata nel linguaggio comune, dal momento che i casi sono letteralmente esplosi sia per i bambini sia per i giovani adulti.  Mentre a livello mondiale la diagnosi viene fatta con criteri diversi e le percentuali di incidenza variano, qui in America siamo in epidemia, come vedete dal grafico. 

A quanto pare l’anno del Covid, della nostra permanenza sul divano da cittadinanza in lockdown a guardare tutto il Netflix possibile, è un momento di svolta per tutte le età, anche le persone mature. Ma se andiamo indietro nel tempo, quali fattori possono aver portato al peggioramento delle nostre capacità esecutive, della nostra memoria, e della capacità di prestare attenzione? Altri virus non ce ne sono stati, cambiamenti drammatici nella nostra dieta e stile di vita nemmeno, ma un sospetto ce l’abbiamo.

Abbiamo preso lo smartphone in mano e ci siamo buttati nei social media, vecchietti di meno, giovani adulti ben di più, ragazzi come se non ci fosse un domani, adesso i bimbi: tutti fissi sullo schermetto. E dove sono andati a lavorare il fior fiore dei ricercatori in neuroscienze e psicologia delle migliori università? Alle multinazionali dei social media, che investono tantissimo nel ricercare metodi e sviluppare algoritmi per investirci di stimoli e trattenerci sullo smartphone per ore. Migliaia di professionisti votati a fare in modo che spendiamo più tempo possibile nel mondo virtuale. Qual è il problema?

Quando siamo investiti di stimoli, la nostra zucca si ferma a capire quelli che sono pericolosi e richiedono una reazione immediata, tralasciando quelli che possono essere messi da parte per un ragionamento più profondo. Il nostro cervello non differenzia tra stimoli reali e virtuali: li processa tutti uno dietro l’altro, in centesimi di secondo. Se col ditino scrollo i video su TikTok, e nel frattempo cammino per strada o faccio finta di stare attento a lezione, sto portando uno tsunami di stimoli nel cervello dai canali tattile, uditivo e visivo. Se poi sto sui social media 10-11 ore al giorno, è logico che il mio cervello si trasformi per gestire questo enorme carico cognitivo, molto superficiale ma continuo. Se foste interessati, qui.

Sottolineo che la ricerca ad oggi non dà evidenza di nessun fattore genetico, patologico o traumatico che porti dritto ad ADHD. Detta male, non si vedono altri fattori che causino ADHD se non, in minima parte, l’avere genitori già disattenti e frenetici che vi allevano allo stesso modo. Per la cura, i medicinali mirati a gestire il flusso di dopamina e norepinefrina sono efficaci nel calmare i sintomi immediati, mentre la terapia cognitivo comportamentale a ridurne la gravità e frequenza, fino a guarire.

Ultimo aspetto importante: come altre patologie mentali, l’ADHD non è una malattia che hai o non hai, come hai il raffreddore oppure no, una tibia fratturata o intera. Pensiamo a questa condizione su una linea, che va dalla fisiologica iperattività e scarsa attenzione fino ai fenomeni clinici, da far curare ai professionisti. Come per altre malattie mentali un comportamento sano, fatto di buon sonno, alimentazione ed attività fisica, aiuta notevolmente, anche in questo caso lasciare lo smartphone da parte ed evitare i social media per la maggior parte della giornata, fa solo bene. Occorre riscoprire il bello della noia, per fare in modo che la nostra zucca non si fermi alla reazione superficiale allo stimolo, ma trovi tempo di ragionare e trasformare gli stimoli in pensieri. La ripetizione alla noia di esercizi semplici, che possono essere quelli sportivi, o di apprendimento di uno strumento musicale, o per i bambini la calligrafia, non solo ci aiuta a perfezionare quella attività specifica, ma ci aiuta a sviluppare completamente la nostra zucca ed evitare fattori di rischio del ADHD.

I tre esempi non sono casuali: lo sviluppo del nostro cervello, delle sue strutture e circuiti, deve passare dall’apprendimento neuro motorio che ritroviamo nello sport, nel suonare uno strumento, nell’imparare a scrivere corsivo bene. Tre ambiti dove il bambino non può riuscire in poche ore o giorni, ma in mesi ed anni di miglioramento continuo, progredendo ed imparando dai propri errori. Se volete approfondire qui e poi mettete via lo smartphone... 


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