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Buon Compleanno TikTok

Il 7 ottobre 2023 era un sabato di relax e navigavo TikTok, come sempre sorpreso dai video che mi propone; ancora oggi non capisco bene come scelga cosa farmi vedere. Un anno fa vedo ragazzi che ballano ad un concerto all’aperto, vengono da tutto il mondo a sentir le lingue che parlano: mi piace vederli felici, in quella che sembra essere un’alba o un tramonto in un posto caldo. Metto un like. Ne compare un altro, da angolatura diversa, un altro like. Arriva il terzo, i ragazzi puntano entusiasti al cielo dove si vedono cinque paracadutisti scendere verso di loro, dalle voci capisco che sono in Israele: ancora un like. Ecco un’altra clip, adesso si vede che sono parapendii che atterrano, e stanno sparando sui ragazzi, che urlano e scappano in tutte le direzioni. Condivido lo streaming, non mi piace più.

Nei minuti successivi tanti altri video, sempre più drammatici, cui si aggiungono quelli ripresi dai terroristi, tra cui quello della ragazza rapita e portata via in moto mentre implora di lasciarla vivere. Passo in rassegna gli altri social, i mass media, ma solo su Twitter intravedo qualcosa; invece su TikTok è una valanga di riprese in diretta. Arrivano riprese dai kibbutz, si vedono i ragazzi terrorizzati al buio finché vengono scoperti e sparati, o rapiti. In un altro, dei terroristi riprendono mentre sparano ad una Golf bianca uccidendo i due occupanti, e poi ancora mentre sparano ad un labrador in un giardino. In pratica ho visto la strage del 7 ottobre in diretta, attraverso una cinquantina di video postati in tempo reale da vittime e carnefici. Ho anche visto i prigionieri portati come trofei nei villaggi palestinesi: solo giubilo e festeggiamenti, non ho visto un essere umano provare a fermare questa cosa, cercare di aiutare i ragazzi, bimbi e vecchi che chiedevano aiuto. Buon compleanno TikTok, grazie dell’avermi dato una finestra aperta, senza commenti e filtri, sull’orrore in diretta.

Nei giorni successivi la maggior parte di quei video è stata tolta e data ad Israele, che ne ha fatto un film da proporre ad una platea selezionata di pochi giornalisti e politici. Da questi fulmini di guerra ci viene l’interpretazione degli eventi, la chiave di lettura: ci hanno spiegato che l’attacco di Hamas era unprovoked (non provocato), hanno glissato alla grande su chi voleva e chi osteggiava gli accordi di Abramo, ci convincono che il diritto alla difesa giustifica il bombardamento a tappeto in Palestina, Libano ed Iran, ci assicurano che i miliardi spesi in missili e proiettili sono la ricetta migliore per dare lavoro, sicurezza e democrazia al Medio Oriente.

Le fake truth sono fatte così, dicendo alcune cose ma non altre, per guidare l’opinione pubblica dove si vuole. Biden, Harris e compari continuano a dirci che Israele ha il diritto di difendersi, e che i danni collaterali nei bombardamenti a tappeto sono rischi calcolati, ma su altri aspetti sono muti come pesci in carpione. Non si dilungano sul fatto che Bibi sia passato da condannato pronto alle dimissioni a eroe nazionale, che la nostra industria della difesa abbia fatto tombola con questo secondo conflitto, che i palestinesi tengono ancora 97 ostaggi nei propri alloggi, e specialmente che questi due popoli si odiano con tutte le forze, e ne resterà uno solo se l’altro non emigra lontano.

Il disegno di Bibi, lobby ebrea e delle armi è logico: asfaltare tutto quanto non sia israeliano e sentirsi al sicuro. Quello che Biden non dice è, dove li mandiamo tutti questi palestinesi visto che nessuno dei loro fratelli arabi li vuole? In compenso spedisce altri missili a Bibi perché ha il diritto di difendersi, e li lancia di continuo, facendo capire che l’obiettivo è solo uno: eliminare l’avversario.

Per questo conflitto Trump non usa lo stesso metro ucraino, quando giustamente dice che ogni soluzione negoziale è sempre migliore della guerra. Qui anche lui scinde tra logica, legge ed etica, e sembra volere l’eliminazione dei palestinesi: visto che questo scenario non dispiace nemmeno agli altri paesi arabi, la prognosi è infausta.

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Zafferano

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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
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