Orrore era il temine giusto, l’avevo usato già un anno fa. Da allora nulla è cambiato, ma tutto è peggiorato. L’orrore invece è rimasto, intatto, nella sua solitudine cosmica. Il titolo me l’ero appuntato, avevo un dubbio, mettere o meno il “ma”? Scrissi un tweet con il “ma”. Il dilemma l’avrei sciolto il mattino dopo, togliendo il “ma”.
D’’impeto, in piena notte, come mi succede quando mi sento psicologicamente coinvolto, ho buttato giù qualche migliaia di battute. Poi mi sono fermato. Mi resi subito conto che qualsiasi cosa avessi scritto sarebbe stata impugnata sia dai nemici giurati di Israele (quelli a volto scoperto) sia da quelli in maschera che a parole fingono di esserle amici, con però così tanti “ma”, da renderli simili ai primi. Entrambi non osano dirlo, ma considerano Israele un peso morto per l’Occidente.
Mi accorgo che non siamo più capaci di scrivere, di parlare, di riflettere, senza scambiarci insulti, convinti come siamo che esista una sola verità, la nostra. Una menzogna! Così il Cameo l’ho riscritto più volte. A forza di tagli, di aggiunte, di aggiunte a loro volta tagliate, per chiuderlo sono tornato all’inizio, al foglio bianco. Quindi ho buttato il testo scritto nel cestino. Sono riuscito solo a formulare una domanda: “Quando capiremo che stiamo trasformando il mondo cosiddetto civile in un’oasi di orrore infinito?” Mentre lo scrivevo sapevo che nessuna delle nostre miserabili élite avrebbe mai risposto.
Perché alla parola “orrore” nulla c’è da aggiungere, neppure la “O” maiuscola. E purtroppo sempre meno persone provano questo tormento, anche solo a scriverlo, come succede a me. Come diceva oltre cinquant’anni fa Sergej Dovlatov (giornalista russo ed ebreo, poi fuggito in America): “L’umanità progressista esige da Israele un nobile suicidio”.
Così, per la prima volta licenzio un Cameo con un testo di otto parole e una virgola: “È passato un anno, l’orrore è rimasto intatto”. Identico al titolo.