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Dalla Russia, con paura

Da sempre le guerre sono un’occasione per aguzzare l’ingegno ed inventare strumenti e metodi innovativi per battere il nemico. Non stupisce quindi che le forze armate americane facciano molta attenzione a tutto quanto avviene nel teatro ucraino: gli ultimi report arrivati dal fronte russo fan paura.

La capacità di vedere il nemico è notevolmente aumentata: dall’uso diffuso dei terminali Starlink, che consentono di agganciarsi ai satelliti e monitorare i movimenti del nemico in modo preciso, a quello dei droni che arrivano silenziosi dappertutto con il loro carico di morte, nascondere le truppe è diventato complesso. Impossibile quando si parla di un gran numero di soldati: battaglioni da mille soldati, o brigate ancora più grandi, non possono sfuggire all’occhio nemico.

Anche la possibilità di colpire da lontano, con missili intelligenti che cambiano il tragitto per non farsi intercettare, è venuta meno. La flotta russa è diventata inutile, ed i missili che prima non fallivano ora sono disturbati da segnali radio che gli impediscono di raggiungere gli obiettivi. Solo le forze speciali, che lavorano in gruppetti di pochissime persone e riescono a spostarsi rapidamente, hanno migliorato la propria efficacia rispetto al passato, e portano maggiore distruzione nel terreno nemico.

Il Pentagono sta cercando di capire come organizzarsi al meglio: scontata la richiesta di un aumento del nostro budget, bisogna capire come attrarre nuove leve, come formarle, e come gestire il continuo cambiamento tecnologico. Le guerre in Afganistan ed Iraq, specialmente il numero di suicidi e dei reduci incapaci di riadattarsi alla vita civile, hanno ridotto assai il numero di ragazzini pronti ad immolarsi, specie per una patria che non è mai la loro. Già diventare eroi è uno spreco immane che serve solo al nemico, ma farlo pure per un perfetto sconosciuto, vagamente democratico e corrotto, non è il sogno dei giovani.

Di recente poi, le immagini dei soldati IDF che arrivano dalla Palestina smontano qualsiasi residuo di senso morale cui credevano i nostri ragazzi. Cresciuti a vedere Israele da sola, contro tutti gli arabi che la attaccano di continuo, a pensare non ci sia nulla di meglio che arruolarsi per difenderla, adesso il vedere i suoi soldati che saccheggiano case, picchiano o sparano ai bambini palestinesi, fa crollare il mito. Ovviamente i mass media parlano di poche mele marce, militari subito cacciati o anche mandati a processo, ma le immagini sono lì per tutti: Tik Tok.

Chi vi scrive ha conosciuto reduci della Prima e Seconda guerra mondiale, delle Falkland e dell’Irlanda del Nord, del Vietnam, del conflitto serbo, di quello afgano ed iracheno, dell’intifada in Israele. Non posso dire che il campione sia statisticamente rilevante, ma nessuna delle persone conosciute aveva un ricordo minimamente positivo del tempo che han speso a tu per tu con la morte. Anche l’esser stati dalla parte del giusto non li solleva: la propaganda ha le gambe corte coi reduci.

La paura del Pentagono adesso è esistenziale: il potere della dissuasione, dell’avere armi nucleari, migliaia di missili, milioni di soldati, è svanito. Si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace, preparati alla guerra) che ci accompagna dall’Antica Roma, si ferma qui. Trentamila civili ucraini, altrettanti palestinesi, e mezzo milione di soldati ucraini e russi sono sottoterra, senza nessuna speranza di pace all’orizzonte.

Se i giovani manifestano per il cessate il fuoco, per la pace, se seguono Papa Francesco e capiscono che la guerra è il male assoluto, sempre e comunque da evitare, stiamoli ad ascoltare, non prendiamoli a legnate in testa. Non ci dobbiamo provare, ci dobbiamo riuscire.

Pax vobiscum 

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