Notizie dagli USA


Lo sconforto del migrante

Forse avete esperienza dell’accogliere, vivere e lavorare con dei migranti: più spesso dai paesi poveri del mondo, alcuni europei che vengono in Italia, e di recente qualche ucraino in fuga dai missili. 

Emigrato due volte, so bene come noi migranti restiamo attaccati al paese d’origine, vuoi importando cibi e prodotti tradizionali, vuoi risparmiando soldi per “tornare al paese” in vacanza, vuoi esibendo comportamenti non sempre consoni al paese che ci accoglie.

Per i connazionali che si trasferiscono oltralpe, non ci sono grossi problemi con la distanza. Si può viaggiare da una qualsiasi capitale europea a Roma con poco, ed in Europa son finiti i tempi delle valigie di cartone e del razzismo che ci segregava nelle retrovie della società di questo o quel paese. Riflessione che noi stessi sicuramente facciamo, quando ragazzi di colore ci parlano perfettamente sia in italiano sia nel dialetto locale, oppure vediamo una ragazza nera in nazionale, e facciamo il tifo come per tutti gli altri atleti.

Qualche settimana fa una famiglia italiana di Boston è finalmente riuscita a tornare al paese per un paio di settimane: complici un parto ed il lockdown da Covid, mancavano da sei lunghi anni. Contentissimi per il cibo, amici, parenti e relax, si son comunque sentiti pesci fuor d’acqua: nel far la coda in negozio si sentivano appiccicati agli altri, i vestiti non erano mai quelli giusti, una serie di conversazioni li metteva a disagio. Più di una persona gli ha detto: “ma sei proprio americano”, con un tono a metà strada tra lo scherzoso e la critica.

È un fenomeno che mi ha sempre interessato: troppi hanno una concezione booleana dell’essere italiani, americani, nigeriani, vietnamiti. Se nasci, cresci, vivi solo in un posto, nessun dubbio: ma se spendi anni in un altro, cosa sei? Sempre italiano perché cresciuto a pastasciutta, calcio e gelati, completamente americano perché vivi lì ed hai pure la cittadinanza, oppure un bel minestrone dei due? E se poi hai vissuto in più paesi? Il mistero si infittisce. E se emigri da piccolo e cresci in un altro paese, sapendo poco o nulla di quello di origine, sei ancora nigeriano, oppure parlare correttamente italiano e tarantino ti qualifica come italiano come tutti i coetanei?

Il nostro cervello è una spugna particolarmente efficace fino ai 5-6 anni, poi ci mettono a scuola ed inizia un crollo lungo ed inesorabile, ma ognuno di noi ancora in età adulta riesce ad inserirsi bene in un nuovo contesto, un nuovo lavoro, un altro paese, e ripartire con una vita nuova. Quanti migranti conosco che han lasciato l’Italia quando i figli eran già grandi, ed ora si fanno una vita completamente diversa in un altro paese.

L’America, costruita sullo schiavismo, è un paese che ancora oggi cresce grazie ai migranti, che vanno dai milioni di poveracci che si riversano sul confine messicano per sfuggire a fame e criminalità, alle centinaia di migliaia di professionisti e scienziati che lasciano un buon posto per trovare qualcosa di meglio, a manciate di olimpionici e Nobel in cerca di nuove opportunita’. Raccomando questo articolo per capire il beneficio che economia e società americana ricevono dal flusso dei migranti (https://nfap.com/research/new-nfap-policy-brief-immigrant-entrepreneurs-and-u-s-billion-dollar-companies/). Il 64% delle aziende miliardarie a stelle e strisce è fondato da immigrati, nel settore digitale siamo al 80%.

Questi sono imprenditori, scienziati e professionisti che han scommesso sull’America invece che starsene a casa, al posto di andare verso altri paesi. Ogni tanto tornano al paesello per rivedere amici e parenti e rilassarsi, ma l’economia e l’innovazione la fanno girare qui. Magari pure in Europa si potrebbe guardare ai migranti con un occhio diverso, e fare in modo di integrarli prima che dopo.


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In questo numero hanno scritto:

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Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata