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La battaglia di Trump

Nei giorni successivi all’invasione del Congresso e all’insediamento di Biden, nel partito Democratico s’erano scatenati i più vendicativi: facciamo l’impeachment, portiamo Trump in tribunale, distruggiamolo.

Biden ha giustamente considerato che ci sono 74 milioni di americani che l’hanno votato, e continuare ad occuparsi dell’ex-presidente li avrebbe tenuti compatti e contrari ad ogni sua iniziativa. Ha quindi deciso di ritardare e non dar troppo risalto alla procedura di impeachment ed in ogni intervista evita sempre di parlare del vecchio avversario, per concentrarsi solo su crescita economica e campagna vaccini.

La continua censura sui social media è efficace: Trump non si vede e non si sente, e poco alla volta tra le fila dei Repubblicani si alzano le voci di dissenso e di rifiuto delle politiche dell’ex-capo. Liz Cheney, unica repubblicana del Congresso a votare per l’impeachment, ha superato le mozioni di censura di chi l’ha accusata di tradimento e comincia a raccogliere sempre più consensi. Anche Nikki Haley, ex-ambasciatrice alle Nazioni Unite e stretta collaboratrice di The Donald, ha pubblicamente rigettato il suo vecchio presidente e si presenta come volto nuovo del partito repubblicano.

Follow the money, ovvero seguire il flusso delle donazioni, ci dice che tutte le aziende che versavano fondi a Trump (tranne General Electric ed American Express che han pensato di dare solo $5.000 a testa, un inezia) hanno chiuso i rubinetti. Trump ha ancora fondi dalla campagna elettorale appena persa, ma senza donazioni non va da nessuna parte. Improbabile che si ripresenti nel 2024.

Mitch McConnell, il capo dei Repubblicani al Senato che per quattro anni ha difeso qualsiasi uscita di Trump, pur votando contro l’impeachment ha condannato il vecchio capo per l’assalto alla democrazia. Questo è un segnale importante perché McConnell è notoriamente prudente ed apre bocca solo quando sa di averla vinta. Se si spinge a chiedere un rinnovamento nelle schiere del partito, possiamo pensare che oltre al fumo ci sia pure l’arrosto.

Biden sta promuovendo incentivi e politiche che Trump stesso aveva proposto, quindi i 74 milioni non hanno di che lamentarsi. Ha anche rifiutato nettamente la cancellazione del debito universitario ed insabbiato l’aumento dello stipendio minimo a $15 all’ora, eliminando ogni possibile recriminazione di “socialismo” da parte degli avversari.

Ciliegina sulla torta, Ted Cruz, senatore texano ed unico supporter di Trump, ha pensato bene di andare in vacanza in Messico mentre i suoi cittadini pativano freddo, sete e fame nel freddo polare che è arrivato in Texas. Per le prossime settimane dovrà stare in panchina e muto.

Dopo un mese di presidenza, Biden sta riuscendo nel recludere il vecchio avversario nel dimenticatoio. Se Cheney o Haley riuscissero a prendere le fila dei repubblicani il dibattito politico cambierebbe registro. Sul Make in America, Buy American (produci e compra in America) l’accordo è completo tra tutte le forze politiche, sulla necessità di sostenere il reddito di chi ha perso lavoro e vaccinazioni per tutti il plebiscito e’ completo.

Cosa farà The Donald? E’ sicuramente abituato a sorprendere tutti, ma in questo istante è accerchiato e ferito da ogni parte, è in affanno. Biden è nelle retrovie, coi suoi Ray-Ban e sorriso smagliante.

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