IL Cameo


"Zaf Journalism", un progetto editoriale corsaro

Da anni lavoro su due Progetti. Il primo, “editoriale” (“ZAF Journalism”) è qua sintetizzato. Il secondo, “agricolo” (“Il Cibo Onesto di ZAF”) sarà sintetizzato in un Cameo che uscirà il prossimo sabato.

Nel mondo editoriale-giornalistico c’è una domanda che tiene banco: “Nei Media la IA (intelligenza artificiale) sostituirà i giornalisti?” Chi è vissuto nel mondo dell’innovazione prodotto-mercato sa che la stessa può essere solo “cavalcata”, mai bloccata. L’idea di Elon Musk e altri di sospenderla per sei mesi, non è più praticabile: Pandora è uscita dallo scrigno.

Gli Editori globalizzati (da tempo in crisi strutturale) stanno cercando una risposta, essendosi ridotti a un’unica strategia: abbattere i costi (una fatica di Sisifo, in presenza di una costante caduta dei ricavi) o vendere la testata. Davanti a un’innovazione come questa, mi rifiuto di rimanere sulla riva del fiume ad osservare, mi butto in acqua, voglio vivere in diretta questo cambiamento. Il CEO capitalism, e il mondo woke in cui si riconosce, lo si combatte utilizzando, in modo contro intuitivo, i loro stessi strumenti (neutri per definizione).

Alessandro Cesare Frontoni (poeta ventenne) ed io (editore, quasi novantenne), stiamo studiando da tempo un nuovo modo di fare “giornalismo corsaro”, lavorando al Progetto ZAF 30, con l’obiettivo di costruire, entro il 2030, un quotidiano digitale apòta per i giovani che (oggi) non leggono. L’obiettivo è doppio: creare lettori di quotidiani, visto che ora non esistono più, se non oltre i sessant’anni, e fare un quotidiano per loro, coerente con il loro livello di attenzione alla lettura. Il tutto sfruttando le facilities di rete esistenti, visto che hanno costi zero.

Una lotta contro il tempo la nostra, perché incombe sul giornalismo libero la “censura woke”, che da psicologica potrebbe trasformarsi in liste di proscrizione, per i non embedded.

In termini culturali, la penso come Noam Chomsky: “ChatGPT è un grande abbaglio”. Io però la vivo come un’utile cassetta degli attrezzi. Essendo alimentato dalla stampa globalizzata, la Chat è ottusa e noiosa, come tutto ciò che è woke, però, utilizzata come piattaforma di riferimento per il mainstream, è perfetta. Impossibile, già oggi, distinguere un articolo scritto da ChatGPT e quello di un giornalista globalizzato. La sua linea editoriale è politicamente corretta, è antifascista, è atlantista, è europeista, ha l’untuosità di certe servitù salottiere, strizza l’occhio al mondo woke, ha una sua gentilezza di tratto, si percepisce che è figlia prediletta del modello politico, economico, culturale del CEO capitalism.

Uno dei sacerdoti del giornalismo globalizzato, Federico Rampini: “Ho sfidato la ChatGPT a scrivere un articolo (in inglese) su un tema su cui ho scritto spesso, e del quale tornerò ad occuparmi in futuro, cioè Invasione cinese in Africa. Ho chiesto di farlo in 5.000 battute. Lo ha fatto in 5 minuti, dignitoso per forma, ortografia, sintassi, in un inglese perfetto. Posso io far di meglio? Forse, ma non in 5 minuti, ma in 5 ore o in 5 giorni, se devo fare ricerche approfondite per scovare materiale originale”.

Ecco l’idea del Progetto: eliminare ogni ambiguità. Il lettore può confrontare il testo del pensiero dominante con la linea editoriale di Zafferano che, ricordiamolo, essendo per abbonati (questa è stata la nostra “contro intuizione”) è rivolto a un proprio mercato “privato”. Oggi siamo 18.000 abbonati e, lo diciamo con orgoglio, il 25% di noi ha fra i 18-27 anni.

Salto i capitoli “Obiettivi” e “Strategie” del Progetto e passo direttamente al capitolo “Execution”. Una prima risposta (grezza) è il “Cameo Corsaro”: molte le sue possibili varianti, qua ne presento una. Come Editore mi sono reso conto dell’alto aumento della nostra produttività, acquisito applicando questo approccio sperimentale all’attività giornalistica convenzionale.

L’Editore elabora la domanda. ChatGPT risponde con 2.000 battute, un nostro redattore scrive 2.000 battute, le firma. Come editore assemblo le 4.000 battute, firmo il Cameo, lo pubblico. Non devo temere la “censura psicologica” in essere, perché il pezzo di ChatGPT è l’equivalente, nel mondo di oggi, delle veline dell’Agenzia Stefani del Ventennio: un’assicurazione sulla vita.

Esempio operativo. Scelgo una locuzione-domanda, già processata dalla stampa mainstream: è del nuovo ministro degli esteri della Cina, Qin Gang. Inizia l’attività di assemblaggio ragionato. I tempi di produzione sono drasticamente abbattuti.

I lettori di ZAF e di Zafferano.news, nella loro autonoma libertà di pensiero, valuteranno questo nuovo modo di fare giornalismo, giudicheranno la congruità delle due risposte rispetto alla domanda, approfondiranno la posizione cinese e quella americana, soppeseranno lo spessore delle nostre leadership, valuteranno Alessandro e me, se vorranno ci scriveranno, noi risponderemo. Insomma, faranno i lettori di un foglio libero, sotto un cielo di nere nubi censorie. Questo è il giornalismo a cui puntiamo per il 2030: stante la complessità, giornalista e lettore dovrebbero tendere a creare un rapporto personale di reciproca fiducia.

Nello studio è emersa la minaccia di una futura “dittatura dell’Algoritmo” (dietro all’Algoritmo c’è sempre il Potere). Un pericolo vero. Occorre un potente contrappeso umano nella figura dell’Editore e dei suoi giornalisti, come riferimenti etico-morali di chi ha ancora accesso alla realtà, e che si pone come mediatore con il lettore. Quest’ultimo è reso, dal contesto in essere, sempre più fragile, perché la tecnologia lo sta sempre più immergendo in una solitudine globalizzata, che lo rende facile preda della e-politics.

CAMEO CORSARO 1

Qin Gang: “Perché l’America pronuncia grandi discorsi sulla sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina, se poi non rispetta quella della Cina su Taiwan?” Perché ci minacciano, chiedendoci di non fornire armi alla Russia, e loro le vendono a Taipei?”

ChatGPT

“La questione della sovranità e integrità territoriale degli stati è un tema complesso e multidimensionale che coinvolge diversi attori a livello internazionale. L'approccio dell'America alla questione dell'Ucraina e di Taiwan è influenzato da una serie di fattori, tra cui interessi geopolitici, valori democratici e relazioni economiche e politiche.

Per quanto riguarda l'Ucraina, gli Stati Uniti hanno mostrato un forte sostegno alla sua sovranità e integrità territoriale in seguito all'annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. Questo sostegno è stato espresso attraverso sanzioni economiche, aiuti finanziari e militari e attraverso la pressione diplomatica sui paesi che intrattengono rapporti con la Russia. Gli Stati Uniti hanno anche sostenuto la posizione dell'Ucraina sui negoziati di pace con la Russia per risolvere il conflitto nell'est del paese.

Per quanto riguarda Taiwan, gli Stati Uniti non riconoscono ufficialmente l'indipendenza dell'isola dalla Cina, ma hanno una politica di "One China, Two Systems" che prevede che Taiwan sia parte della Cina, ma goda di un alto grado di autonomia. Tuttavia, gli Stati Uniti mantengono anche forti legami militari e politici con Taiwan, inclusa la fornitura di armi difensive, per proteggere l'isola dalle minacce provenienti dalla Cina.

È importante notare che gli Stati Uniti non sono l'unico paese che ha un approccio diverso alla questione dell'Ucraina e di Taiwan. Ci sono molte sfumature nella politica internazionale e ogni paese agisce in base ai propri interessi e alle relazioni con gli altri paesi.

In generale, gli Stati Uniti cercano di equilibrare il loro sostegno alla sovranità e all'integrità territoriale degli stati con la necessità di mantenere relazioni economiche e politiche con altri paesi. Tuttavia, la situazione è complessa e richiede un'analisi caso per caso per comprendere appieno le politiche degli Stati Uniti e di altri paesi sulla questione della sovranità e integrità territoriale degli stati.”

Zafferano.news: Alessandro Cesare Frontoni

Ricordo come prima nozione del corso di Filosofia del Diritto, la definizione di due schieramenti ideologici ben definiti.

Il primo, quello Giusnaturalistico, riconosceva determinate azioni come valide in quanto buone, il secondo, detto Giuspositivista, definiva gli atti buoni poiché validi per legge. Chiunque conosca minimamente il Diritto è consapevole di quanto sia più seguita la seconda opzione, a discapito dell’eticità della prima.

ChatGPT è configurato come strumento del potere, pertanto predilige la strada relativista e pragmatica di un Giuspositivismo labile made in USA. Ricercare una coerenza morale nella politica estera di un’organizzazione simile risulterebbe visionario e forse pure un poco folle. L’America non ha interesse alcuno verso l’integrità del territorio ucraino in quanto tale, ma piuttosto s’interessa al conflitto con specifiche finalità di predominio sullo scacchiere internazionale. Qualora sorgessero delle motivazioni pratiche verso un intervento americano sulla questione Taiwan, avremo il diletto d’ascoltare fantomatici discorsi imbottiti di buonismi woke.

Se potessimo far tornare in vita Hugo Grotius per pochi minuti, quest’ultimo rabbrividirebbe al racconto della posizione culturale americana: nessun ordine naturale, nessuna razionalità, piuttosto “ogni paese agisce in base ai propri interessi.” Chiudo citando così il Bot, che fra le sue “molte sfumature” pare non avere la giusta tinta di stagione da abbinare a un poco di umana morale.

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite