... non ci hanno pensato prima, visto che le candidature delle gallerie in genere vengono vagliate all’incirca sei mesi prima. In piena pandemia era forse giusto fare qualche calcolo previsionale sulla partecipazione o meno delle gallerie straniere.
Al di là della versione online, perché non provare a ripensare la fiera con uno sguardo diverso, e chiamare qualche galleria italiana al posto di quelle internazionali? Era già piuttosto evidente che avrebbero avuto difficoltà a venire. Perché non pensare un piano B? Artissima, fiera a partecipazione pubblica, può forse permettersi di dribblare la cattiva sorte con fantasia. Ma ciò vorrebbe dire accantonare momentaneamente le sue pretese chic, dimenticandosi per un attimo di essere la più raffinata delle fiere italiane (anche se finezza non vuol per forza dire pensiero o cultura). Ricordo molte passate edizioni in cui era una fiera “normale” e a cui ho volentieri partecipato perché in quel bello spazio dell’Oval del Lingotto era la fiera meno asettica delle altre.
Potremmo forse dire che i grandi chief curator chiamati a far delle fiere d’arte (simbolo del commercio) delle vere e proprie manifestazioni culturali, non siano in grado di prendere decisioni alternative? Largo allora alle piccole fiere satellite, come Flashback, The Others, Paratissima e Nesxt che normalmente gravitano intorno alla fiera principale ma con gallerie e pubblico solo italiano. Orfane ma decisissime a rimanere in piedi , quest’anno saranno loro ad animare Torino durante l’art week, mantenendo la promozione artistica italiana indipendente e viva, anche se forse un po’meno chic. Parrebbe una piccola fronda, invece è solo il Coronavirus.