Vita d'artista


Il Caucaso

Con un’insuperabile visione prospettica, ho prenotato mesi fa un volo per la Georgia, proprio esattamente nel periodo del Miart, la kermesse artistica milanese, riuscendo così a evitare in toto e senza sensi di colpa tutto il gran can can apparentemente sempre pieno di novità ma di fatto noiosissimo e immergermi in una regione senza tempo.

Mai fu presa decisione migliore, perché possiamo certo criticare la nostra epoca per molti motivi, ma non si può dire che il viaggio non sia a portata di mano, anzi. In qualche ora ti puoi ritrovare in una dimensione così lontana, un luogo così profondamente diverso da dove tu abiti, per cultura, storia, religione, uno spazio mentale ma anche fisico in questo caso sì, davvero nuovo.

La Georgia è un paese piccolo e non densamente popolato, tranne nella capitale, Tbilisi. E’ stata ed è ancora, nel corso del tempo, un crocevia di commerci, come l’Italia, e ha subito tante dominazioni, non ultima quella russa e ancora in atto peraltro, nella regione dell’Abkhazia . E’ abitata da etnie diverse che pacificamente hanno convissuto, anche dal punto di vista religioso: in pochi metri nella città vecchia vedi chiese ortodosse, armene, cattoliche, moschee e sinagoghe. La cucina è buonissima e variegata, piena di profumi e colori, e dei tanti viaggi che ho fatto ad est è sicuramente quella che mi ha convinto di più, senza parlare dell’ottimo vino, diverso dal nostro, un po’ più morbido, il rosso soprattutto, che viene servito addirittura freddo. La Georgia vanta migliaia di anni di storia di vinificazione, e 800 tipi di versi di vitigni, a detta di Zurab, la nostra strepitosa guida, che ci ha portato per un giorno intero nella regione di Kakheti, la regione vinicola a est di Tbilisi.

Il vasto territorio collinare è praticamente vuoto, tranne qualche negozio che espone appesi i “churchkhela”, dolci tradizionali fatti con il succo d’uva e le noci. Visitiamo un’azienda vinicola assaggiando alcuni vini davvero fenomenali come il Saperavi e il Kindzmarauli e poi ci dirigiamo più a sud verso Sighnaghi, una città fortezza fondata dal re Erekle II nel XIII secolo. La città si sviluppa in cima ad una collina ed è circondata da mura perfettamente conservate: viene chiamata “città dell’amore”, perchè la gente si sposa qui, capisco … è un luogo magico. Com’è magico il momento in cui andando a pranzo, nel ristorante si apre una terrazza quasi sul nulla, e davanti le montagne del Caucaso. E’ un’emozione pazzesca. Davanti a noi, la lunga e piatta distesa della valle dell’Alazani, tutta coltivata a vigneti, e poi di colpo si erge il muro di quelle montagne altissime. Il respiro si è quasi fermato e ho avuto un senso di sperdimento, tipico di quando incontri una natura così potente, così meravigliosa. Sono rimasta incantata tutto il giorno, come se mi dicessi: ora che ho visto il Caucaso leggendario, non mi serve più nulla. Altro che Miart. 

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.