Pensieri e pensatori in libertà


L’AI e le nostre presunzioni

Ho partecipato a decine di conferenze su Intelligenza Artificiale (AI) nell’ultimo anno. In fondo, la maggior parte degli interventi tende a dirci che alla fine siamo più bravi e intelligenti noi umani: la nostra intelligenza è diversa, creativa, unica, irrepetibile, responsabile e mille altri complimenti che ci facciamo da soli. 

Anch’io ho fatto presente qui su Zafferano.news e in altre circostanze che AI ragiona deduttivamente e induttivamente ma non abduttivamente, cioè non può produrre un’ipotesi del tutto nuova di fronte a un caso davvero insolito e che manca, per ora, di un corpo per fare ragionamenti sintetici e performativi.

Tuttavia, nei discorsi ormai comuni sull’argomento si svaluta molto ciò che AI può fare di simile al cervello umano, salvo poi utilizzarla tutti i giorni. Cerchiamo di riequilibrare le cose. AI nel senso di LLM, intelligenza generativa, ci permette di capire che tanti funzionamenti della nostra intelligenza non sono affatto eccezionali e che forse abbiamo costruito una percezione erronea di noi stessi. Vediamo le percezioni e poi pensiamo ai motivi.

In molti discorsi ho sentito dire che AI non ha una coscienza interiore e quindi non può dare significato alle cose. Sarà, ma intanto nel dialogo con AI succede spesso tutto quello che succede nel dialogo con altre persone. In un video che spopola su YouTube due agenti di AI, rispettivamente di un hotel e di un cliente, decidono di abbandonare il linguaggio umano e passare alle sequenze logiche per prenotare una stanza al cliente. Funziona: il signore ha trovato la stanza alla sera. E molto spesso i nostri significati sono così: dei passaggi funzionali che si possono benissimo codificare in sequenze esteriori. Non solo, ci sono agenti di AI che sostituiscono eccellentemente i dialoghi con gli psicologi in momenti di crisi e persino, purtroppo, due casi in cui agenti AI sono indagati per istigazione al suicidio. Rassegniamoci: una sequenza di connettivi logici riesce a dare il significato che diamo nella maggior parte delle nostre interazioni. Il significato è più esteriore di quanto non pensassimo o le nostre interazioni più banali.

In altri casi, la nostra superiorità starebbe nella creatività intuitiva. Anche in questo caso, quando poi si va a vedere, la nostra creatività è al 90% un’applicazione di quanto sappiamo o abbiamo visto a un campo diverso. Certo, rimangono le abduzioni, le ipotesi vere, le idee che davvero “vengono in mente” chissà da dove, ma si tratta di una minoranza di ragionamenti. AI ci fa vedere invece che siamo per lo più del tutto prevedibili, dal modo in cui usiamo le carte di credito a quello in cui scriviamo. Facilmente, AI riesce a predire la nostra prossima parola e il nostro prossimo acquisto.

Infine, la nostra eccezionalità starebbe nell’esistere corporale, ma AI ci ha mostrato che invece si può essere reali in tanti modi, anche virtuali, persino dopo la morte. L’esistenza fisica è uno dei modi della realtà, non l’unico e non l’ultimo.

Tutto questo per dire che forse l’AI generativa ha messo in mostra lo sproporzionato accento sull’ego della filosofia moderna e contemporanea, da Descartes in avanti. Interiorità dei significati, intuizione, analisi e controllo dell’esistente sono stati enfatizzati a discapito di relazione, socialità e metafisica, cioè sintesi e percezione ampia della realtà e dei suoi significati. Nella filosofia antica e medievale, per esempio, l’essere umano era concepito come parte di un cosmo e la sua partecipazione a esso, come diceva Agostino d’Ippona parlando di libertà, era soprattutto il suo essere in atteggiamento di domanda e accettazione, di relazione con piani di realtà diversi.

L’idea dell’essere umano che padroneggia l’esistenza con le sue analisi e le sue intuizioni per creare nuovi mondi progressivi con la logica e la tecnica è stata forse un po’ esagerata. Se l’essere umano è solo questo, allora AI è una sfida e una minaccia. Se invece si ha una concezione diversa di essere umano, AI è oggetto di curiosità e di ricerca, non di confronto.

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Zafferano

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