... mi mostrava le sue tele, così cristalline e immaginifiche: nudi femminili al bagno, nature morte gioiose, paesaggi, vedute di giardini, interni. Tutta la pittura di Bonnard è avvolta da un’atmosfera trasognata, i suoi colori sono magnetici ed erotici al tempo stesso. Ti catturano. Non so perché sia stato così a lungo sottovalutato. Lontano dalle atmosfere cubiste di cui è contemporaneo, egli è autore di una ricerca poetica e intimista totalmente all’interno della pittura stessa, attraverso una tavolozza di luce.
Nel 1888 assieme a Vuillard, Roussel, Maurice Denis e Vallotton forma il gruppo dei “Nabis”, parola ebraica che significa profeti. Influenzato dall’Art Nouveau, si interessa di stampe giapponesi assai di moda nel mondo artistico parigino di quel tempo, subendone fortemente il fascino per via dei loro aspetti simbolici e inserendone alcuni tratti nei suoi quadri, tanto da essere definito il “Nabi japonard”. Inquieto e elettrizzato dall’evoluzione del mondo dell’arte all’inizio del ‘900 aderisce sia alla Secessione di Vienna, sia a quella di Monaco. Avventuriero del nervo ottico ( così definito dallo storico Jean Clerc), Bonnard dichiara infine “Non appartengo a nessuna scuola, cerco solo di fare qualcosa di personale”. Ed è proprio così, le sue composizioni sorprendono in continuazione e sono sempre diverse, si rinnovano costantemente.
A un certo punto del sogno Bonnard mi mostra il mio quadro preferito, “La grande bagnard” (1938) ritratto della moglie Marthe, sua musa, nella vasca da bagno. La prospettiva è totalmente nuova e ripresa dall’alto, come con un drone. In primo piano il corpo nudo nell’acqua disteso con le gambe incrociate, la vasca da bagno, e il pavimento circostante a macchie gialle e blu turchese, quasi fosse un mosaico orientale. La luce pervade ogni cosa: arriva da una finestra abbozzata sulla sinistra in alto e si irradia piena di vita.
“Spero che la mia pittura resista senza crepe. Vorrei arrivare davanti ai giovani pittori del 2000 con le ali di una farfalla.” Ci è riuscito.