Vita d'artista


Untitled (Boy)

Ho sempre amato la scultura dipinta… Dai morbidi putti che armati di lire e trombe suonano gioiosi dagli altari delle cattedrali bavaresi (penso in particolare a quella di Ottobeuren) alle sculture lignee dello spagnolo Alonso Berruguete, artista della metà del Cinquecento, ammiratore e...

... profondo conoscitore dell’arte italiana, che una volta tornato in patria da un profondo impulso a questa tecnica, a metà tra la scultura e la pittura, soprattutto nel suo "Retablo de los irlandeses" a Salamanca.

E poi facendo un bel salto in avanti arriviamo alle sculture dell’artista Pop Claes Oldemburg, che riprende in modo marcatamente critico i miti del consumismo di massa della società americana, come ad esempio gli hamburger o le patatine fritte con su il ketchup, ma anche oggetti di uso quotidiano ingigantiti, sculture in gesso dipinto o anche molli, che potete ammirare al Moma di New York ma anche a Milano, uscendo dalla stazione di Piazzale Cadorna, incappando in un enorme ago e filo coloratissimo.

Per quanto riguarda i contemporanei di certo il più interessante è Ron Mueck, di cui ho già raccontato su Zafferano della scultura “The Grandmother”. La prima volta che vidi una sua opera dal vero fu alla Biennale di Venezia del 2001, curata da Harald Szeemann, e precisamente all’ingresso dell’Arsenale, dove un immenso ragazzino accovacciato ( 490x490x 250cm) ti accoglieva scrutandoti assorto, nel modo tipico dei teen- agers. Quell’opera fece scalpore. Lo rividi in una memorabile mostra alla Fondation Cartier pour l’art contemporain a Parigi nel 2013. Questo uso sapiente della tecnica, che attraverso il silicone e la fibra di vetro mutuati da anni di lavoro nell’industria cinematografica, sfida le proporzioni tradizionali rimanendo potente, è una cosa eccezionale. L’iperrealismo, la cura maniacale dell’artista per ogni dettaglio in ogni opera, tutto concorre a una resa finale che esce dai confini puramente narrativi per incontrare l’umano e con esso tutti noi.

Come scrive il curatore Jasper Sharp della grande antologica dal titolo “Ron Mueck. 25 Years of Sculpture. 1996-2021” in corso a Londra alla galleria Thaddaeus Ropac, “Le figure meticolosamente scolpite, dalle più minute a quelle monumentali, riflettono ciascuna un mondo interiore e sentimenti intimi soverchianti. Il sorprendente realismo di queste opere ci invita a un coinvolgimento empatico con le sfide della vita, e i pericoli insiti nella nostra umanità condivisa. Le meditazioni discrete dell’artista sui grandi temi universali, quali l’esperienza della nascita, della morte, della vulnerabilità, come della paura o la compassione, invitano a riflettere su se stessi e sugli altri”. Per chi ha occasione di fare un salto a Londra entro fine novembre, vale la visita.


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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro