Soprattutto se si è di fronte alla sua serie di tele che si ispirano al Ritratto di Papa Innocenzo X di Diego Velasquez, dove il volto del Papa si deforma in un grido e il santo seggio si trasforma in una sedia elettrica. Una violenza visiva che esprime così bene l’immobilizzante angoscia esistenziale del primo Dopoguerra.
Bacon però insiste sempre che i suoi quadri non sono pessimisti. Allora cos’è quel grido, quell’orrore se la sua intenzione non è comunicare un’idea brutale del mondo? A suo parere, se si guardano i fatti della nostra esistenza senza le lenti del luogo comune, siamo impressionati dalla tremenda neutralità delle cose, “The Brutality of Fact”. La brutalità non è quella di essere in presenza del male, ma di essere in presenza del niente. Tutte le versioni del ritratto di Innocenzo X furono eseguite solo guardando delle riproduzioni e quando Bacon fu a Roma si rifiutò ad andare a vedere il quadro dal vero. Forse perché ebbe paura che il contatto con l’originale lo avrebbe obbligato a una rivalutazione del “fatto” Innocenzo X e distrutto il peso delle sue interpretazioni.
Per tutta la vita fu “anti-establishment” . Alla fine della sua carriera rifiutò cariche onorifiche dai vari potenti ammiratori: buttava via le lettere e comunicava loro a parole, tramite amici. Nemico appassionato dell’ipocrisia e del perbenismo era amico di ladruncoli, a volte perseguitato dalla polizia, e questo potrebbe far pensare che vivesse ai margini della società. In realtà non era così, era nato da una famiglia molto agiata, fu mandato in un collegio privato e aveva acquisito maniere cortesissime. Stravagante certo, ma non nemico della società.