... il virus è fondamentale.
Iniziamo dal “ma”. Abbiamo avuto ottime notizie, come l’efficacia dei vaccini e specialmente la velocità con cui son stati sviluppati: mai nella storia della medicina s’è avuto un tale successo. Il problema e’ che ad ogni singola buona notizia corrisponde sempre un “ma” che la deprime: ma continuate a mettere le maschere (mantenete le distanze e lavorate da casa), ma non sappiamo se funziona con le varianti. Come? Cosa mi vaccino a fare se devo continuare imprigionato come prima? Se poi e’ inutile perché c’è la variante, allora non mi serve? Questi “ma” ci vengono principalmente dai medici, che giustamente vogliono mettere in guardia sulle precauzioni migliori, ma non considerano i meccanismi che guidano la nostra percezione, specialmente quella delle probabilità. In pratica, se il vaccino è efficace al 90% ma resta una bassa percentuale di rischio che io rimanga contagioso, la mia mente mi dice di non vaccinarmi. Sbagliando.
Dopo i primi milioni di vaccini che confermano i risultati di laboratorio, ecco finalmente scendere la curva dei contagi in Israele, USA, Scozia. “Ma” arriva la variante inglese, quella sudafricana, quella brasiliana, quella californiana. E quindi vediamo in Francia, Germania ed alcuni stati degli USA che la gente preferisce aspettare, sbagliando. Pochi giorni fa la Francia aveva usato l’11% dei vaccini, uno spreco infinito, e solo ora Macron ha capito che i medici devono parlare al governo, non al pubblico.
Il secondo grave sbaglio ha a che fare con la nostra capacita’ di libera scelta ed auto-determinazione. E’ meglio che tu mi dica che rischio al chiuso e son tranquillo all’aperto, invece di ossessionarmi con colori, orari e divieti assurdi, tipo quello di non andare in spiaggia o in montagna. Nel primo caso eviterò i mezzi di trasporto e sarò prudente nei luoghi chiusi, ma sarò libero di rilassarmi all’aria aperta sapendo che il rischio è minimo. Questo equilibrio tra prudenza al chiuso e relax all’aperto è fondamentale per continuare a rispettare le norme senza stress e fatica, senza cadere nella depressione. Nel secondo caso, se mi imprigioni in mille regolette, quell’equilibrio viene meno, e quando la pazienza finisce è logico che la gente si riversi in piazza senza maschere e distanziamento.
Di conseguenza, la comunicazione di ricette e procedure rigide fa solo danni; occorre minimizzare i vincoli e lasciare che per il resto la gente sia libera di decidere con la propria testa, e specialmente di trovare momenti di relax dallo stress covid. In paesi come Australia, Nuova Zelanda, Danimarca, Norvegia ci sono pochi lockdown severi, poche norme imprescindibili, e la popolazione risponde bene perché non si sente imprigionata. Qualche settimana fa per un solo contagio a Melbourne, sette milioni di australiani si son fatti cinque giorni di lockdown, nessun problema. Da noi? Impossibile.
Il terzo errore è nel dipingere quattro mani di autorevolezza sulla comunità scientifica, come se da loro uscisse il verbo, la verità, la luce. Fauci su questo è stato molto chiaro fin da subito, ma inascoltato dai media e dai politici che a turno l’han messo sul piedistallo. S’è partiti da uno stato di ignoranza quasi completo sul Covid-19, e giorno dopo giorno decine di migliaia di ricercatori hanno condiviso ogni singolo progresso, col risultato che la nostra comprensione del virus e’ cambiata radicalmente nel corso del tempo, e cosi avrebbero dovuto cambiare le raccomandazioni. E qui viene il problema dell’autorevolezza, pesantissimo. Da un lato un falso sentimento di coerenza: e’ perfettamente corretto dire che all’inizio si pensava che servivano due metri di distanza, mentre ora sappiamo che serve a poco, ma se lo scienziato di turno si arrampica sugli specchi per difendere la sua lesa maestà, fa un danno.
Ecco che il distanziamento è passato da uno a dieci metri, che la mascherina raccomandata è cambiata tante volte, che l’isolamento precauzionale è passato da 14 a sette giorni, lasciando una striscia di confusione e mancanza di fiducia negli esperti. E qui il secondo problema: da competenti, governanti e sodali dei media e’ partita la difesa ad insulto. Se non sei un virologo, stai muto, se non sei un economista esperto in modelli statistici non banfare e specialmente, se vai in spiaggia a prendere il sole senza mascherina, sei un Neanderthal. Se vai a correre al parco ti comporti da untore terrorista. E così in America capita che ci siano scuole che insegnano all’aperto anche negli stati più a nord e freddi, mentre altre invischiate nella polemica ad insulto si siano rifiutate di seguire una raccomandazione logica e sicura.
In pratica, quando analizziamo la differenza tra i paesi che han fatto meglio nel contenimento del virus e quelli come l’America che non ci son riusciti, vediamo che e’ la comunicazione che ha fatto la differenza. Quando un anno fa vedevamo cinesi ed asiatici in generale ben bardati nelle loro mascherine, ed in America ed in Europa ci dicevano di non metterle perché da un lato non era dimostrato che il virus fosse aeriforme, e dall’altro non sapevamo metterci la mascherina correttamente, avremmo dovuto ragionare con la nostra zucca. Quando leggevamo che un malato su un autobus infettava venti dei trenta passeggeri, avremmo fatto meglio ad andare in bici che fidarci del fantomatico programma di sanificazione del trasporto pubblico. Quando sentiamo il competente o governante di turno dire qualcosa di diverso da quanto letto su New England Journal of Medicine, Lancet, BJM e siti che accolgono le ricerche scientifiche da tutto il mondo, il nostro innato scetticismo fa bene a prendere il sopravvento.