Musica in parole


Un’altra Primavera: il rito di Stravinsky

Simbolo musicale del Novecento, “Le sacre du printemps” nasce nella mente di Stravinsky quando immagina una musica per balletto che sia “lo spettacolo di un grande rito sacro pagano” come scrive lo stesso compositore nelle sue memorie (“Chroniques de ma vie”).

Proposta al famoso impresario Diaghilev, entusiasta dell’idea, l’opera è composta per i Ballets Russes; ne nasce una Primavera del tutto innovativa che elimina ogni visione mite e idilliaca del risveglio della natura e stravolge i canoni del gusto. Con questa composizione Stravinsky decisamente rompe con i precedenti e usuali schemi musicali.

Il balletto è un’imponente suite in due quadri; il primo, “L’adorazione della terra”, ha un’introduzione di grande suggestione affidata al fagotto impiegato in un registro acuto e perciò insolito: una melodia popolare lituana prende forma nota a nota, come una materia primordiale che pian piano si plasma.

É arrivata la primavera e alla luce del giorno gli uomini la glorificano vigorosamente con la danza.

Il secondo quadro: “Il Sacrificio”, rappresenta l’altro momento del rito, quello della notte che porta con sé il sacrificio di una fanciulla designata per essere offerta agli dei. Di grande potenza è la finale “Danza sacrificale (l’Eletta)”, dove la protagonista balla fino a morire e l’orchestra esprime al massimo ritmi selvaggi e ossessivi.

I momenti lirici e le melodie popolari che attraversano la suite sempre cedono il passo al protagonismo del ritmo, al carattere percussivo dai tratti travolgenti. Le forti dissonanze e i cambi di tempo si aggiungono a rendere l’opera energica e inquieta, affidata a un’orchestra di grandi dimensioni con una nutrita sezione fiati e strumenti a percussione.

Merita un cenno la prima esecuzione del 1913 al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi. Fu un vero caos perché la gran parte del pubblico considerò quello strappo con la tradizione insopportabile e protestò con vigore, mentre i pochi ammirati dalla “rivoluzione” musicale di Stravinsky cercavano di farsi sentire a loro volta.

La grandezza della novità stravinskyana non tardò però a farsi strada e se dopo la prima parigina del 1913 Puccini scriveva a Ricordi: “una vera e propria cacofonia ma strana e non senza un certo talento”, l’anno successivo sempre a Parigi, l’esecuzione dell’opera fu un grande successo.

Ben presto divenne “una delle opere più celebrate di tutta la moderna letteratura musicale” (Roman Vlad) e da allora il rito della primavera di Stravinsky non ha smesso di esserlo.

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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.