Siamo nel 1928 e Gershwin - a Parigi per conoscere la città, avvicinare altri musicisti e soprattutto il suo mito, Maurice Ravel - si lascia del tutto catturare dall’atmosfera parigina decidendo perciò di fissarla sul pentagramma. Lo ispirano la vivacità e il ritmo incalzante della capitale francese assaporati lungo i Grands boulevards, gli Champs-Élysées, nel Quartiere latino.
A brano appena iniziato entrano in scena i clacson dei taxi, una sorpresa, elemento improvviso che si aggiunge agli strumenti d’orchestra per dipingere un quadro sonoro veritiero della frenesia del traffico parigino.
Segue il momento blues, identificato come il “tema della nostalgia di casa” ma è per l’appunto solo un momento dopo il quale la voce di Parigi torna a farsi sentire, anche nell’incontro con un connazionale raccontato da un vivace charleston di una tromba solista. Il finale è allegro e tutti i temi già sentiti vengono riproposti, anche evidenziando la fusione tra influenze musicali americane e francesi.
Torna il suono dei clacson che si fonde a quello dell’orchestra, suoni e rumori si mischiano esprimendo confusione, movimento, dinamismo urbano.
Gershwin aveva voluto qualcosa di vero, di reale, da proporre al pubblico oltre alla sua fantasia di compositore e fece centro pensando ai clacson.
Fu il Maestro ad acquistarli scegliendoli con cura a Parigi per la Première che avvenne a New York, Carnegie Hall, dicembre 1928.
Al musicista - che morì a soli trentanove anni - si deve così anche questo piccolo, ma riuscito, approccio innovativo nell’ambito delle esplorazioni che il Novecento musicale non mancherà di portare.
Potete ascoltare il brano qui, fare un viaggio musicale a Paris e immaginarlo come vi piace, perchè lo stesso Gershwin disse: “Il mio assunto consiste nel riprodurre le impressioni di un viaggiatore americano che passeggia a Parigi ascoltandone suoni e rumori e assorbendo l’atmosfera della Francia. Ma c’è molta libertà, e chi ascolta può leggere nella musica tutte le immagini che preferisce”. Clacson compreso.