Ora, è un libro destinato a tutti, ma in particolare alla Gen Z (i miei quattro nipoti lo sono). Ha un taglio più asciutto, il linguaggio è da testo teatrale. E’ scritto in un italiano impeccabile, perché molte frasi e relativi pensieri non sono mie, ma riconducibili a celebri poeti e filosofi di ogni tempo (per l’esattezza trentasei, quelli da me più amati, indicati in appendice).
Una giovanissima (Gen Z) collaboratrice di Zafferano, Silvia Andrea Russo, l’ha interpretato a modo suo. Ne è nata una pièce teatrale di 30 minuti. Lei stessa reciterà il monologo, con brevissimi incisi di una voce fuori campo registrata, la mia, e un accompagnamento con chitarra. Per far comprendere di che chi tratta, cito uno di questi incisi: “Ragazzi, riflettete sulle parole del “Fiore” su quei sei, sette uomini che non hanno radice, che sono banderuole al vento. E’ bello aver capito che la Poesia è, al contempo, medico e medicina, e pure un arma nobilissima, se necessario da usare senza scrupoli per difendere la libertà che ci spetta. Tranquillizza e stimola. Dà certezze, perché salva e cura”.
Questa “Pièce” anticiperà la classica presentazione del libro. Mi sono detto, perché non offrire ai presenti un vero spettacolo? Così faremo, se e dove ci inviteranno (siamo una startup!), convinti che la pièce possa essere una modalità per far entrare più facilmente gli spettatori nell’anima del libro. Perché ogni libro ha un’anima.
La modalità espositiva del libro non è convenzionale: una traccia-scheletro, ove vengono assemblati frammenti di riflessioni, pensieri, frasi, di grandi poeti e filosofi del passato, raccolti nei decenni, disseminati com’erano tra giornali, riviste, libri, film, interviste, rete.
La tecnica seguita prevede una configurazione in cinquanta capitoli brevi (un mix romanzo-poema), assemblati e collocati nel processo espositivo, con un gioco di metafore a sfondo poetico, in modo tale che il lettore riesca a cogliere, in funzione delle sue sensibilità, il fil rouge del racconto. Un aiuto arriva anche dell’impaginazione, perché è stato scritto “impaginato”.
All’apparenza, il racconto pare non esistere; in realtà, il fil rouge è la trama, la denominazione dei capitoli, certi incisi, certe metafore, e viene via via disvelata, grazie anche al contributo attivo del lettore stesso. In teoria, ogni lettore può costruirsi il suo racconto, potendolo assemblare a suo piacimento.
A mio parere è un libro fuori dal tempo presente, sono sconsigliabili riferimenti con l’attuale politica politicante, con il cedimento dei serramenti morali in essere; il lettore si consideri semplicemente a teatro, il fil rouge è teatro in purezza: investi in sentimenti, ricevi emozioni.
Incipit di Guerra e Poesia
R. aveva nove anni quando la casa ove abitava a Torino fu distrutta da una bomba. Si salvò perché raggiunse i sotterranei al primo suono delle sirene. Vivo, ma terrorizzato, fuggì ad Aulla, dai nonni materni. Chi poteva immaginare che proprio il giorno del suo arrivo sarebbe stato quello del terribile bombardamento del 18 maggio 1944? Una bomba gli squarciò la gamba sinistra. Suo zio Brunildo, panettiere, convinse Otto Hahn, una SS di vent’anni,
a usare il suo camion militare per portarlo all’Ospedale di Fivizzano. I medici gli salvarono la gamba e la vita. Per il doppio choc, per un anno non parlò, poi divenne balbuziente. Anni dopo prese un impegno con sé stesso: avrebbe scritto un libro, sulla Guerra e sulla Pace. C’è riuscito ottant’anni dopo, chiedendosi: “Si può raccontare l’eterno dilemma della Guerra e della Pace usando le categorie e le parole della Poesia?”
La copertina? Franco Lima unisce penna e bomba.