Partiamo dall’opera, dal celeberrimo “Volo del calabrone” (un bombo in realtà), interludio dalla “Fiaba dello zar Saltan” di Rimskij-Korsakov (1900). Una storia irreale in cui si fantastica del figlio dello zar trasformato in insetto volante per sorprendere i suoi nemici.
Una favola appunto, come favolosa è l’evocazione onomatopeica che il compositore realizza in musica: il fremito delle ali e il ronzio del calabrone espressi da cromatismi ripetuti, serie di note che ondeggiano (tra altezze diverse) in crescendo e diminuendo frenetici.
Qui lo potete ascoltare nell’originale per orchestra ma di certo Korsakov non immaginò la quantità di versioni che sarebbero seguite, né che il suo calabrone sarebbe entrato nel Guinness World Records grazie ai virtuosi del violino che si contendono il primato di eseguirlo sempre più velocemente.
Il brano - reso ancor più virtuosistico in alcune versioni (come quella del pianista Cziffra) - piace sempre, anche in arrangiamenti decisamente meno classici tipo quello del violinista Garrett che trovate qui e il video della Disney dove il calabrone di Korsakov diventa un bumble-boogie.
Tutt’altra avventura per un lepidottero pop volato al Festival di Sanremo nel 1968: “La farfalla impazzita” del duo Battisti-Mogol presentata da Johnny Dorelli e Paul Anka.
Il cantautore credeva molto in quella canzone ma la farfalla sanremese volò davvero basso (non arrivando neanche in finale). Non è però una canzone minore di Battisti e piace ancora oggi una registrazione in cui a interpretarla è l’autore, con quel sound un po’ folk/rock ad accompagnare il volo e le ali colorate della farfalla, voce e chitarra acustica a 12 corde.
Si dice sia stata quest’esperienza a far uscire dal bozzolo il Battisti interprete, convintosi da allora a cantare lui stesso i suoi brani.
Siamo in periodo di gara festivaliera e quindi vi lascio con le interpretazioni a confronto, anche se datate: il video di Dorelli a Sanremo e la registrazione di Lucio.